Signor Presidente del Consiglio,
l'associazione Allarme Lingua, che ho l'onore di presiedere, ha preso nota con grande interesse del fatto che, al Suo insediarsi a capo del Governo italiano, Lei ha dichiarato di voler rimettere l'Italia al centro dell'Europa e di questo gliene siamo, tutti, profondamente grati. Cogliamo pertanto l'occasione per attirare la Sua attenzione sullo stato di abbandono e di aperta discriminazione in cui si trova la nostra lingua in sede di istituzioni europee e riteniamo che, se l'Italia ha, finalmente, deciso di voler assumere il ruolo che le spetta, in seno all'Europa, farsi carico del problema della lingua risulta un atto dovuto e imprescindibile.
Nel corso dell'ultimo decennio, la negligenza delle autorità italiane di qualsiasi bordo politico, ha permesso l'instaurarsi, in sede europea, del cosiddetto trilinguismo, francese, inglese e tedesco, che ha fatto scadere l'italiano a lingua minore, allo stesso livello del maltese e del lettone. Il cosiddetto trilinguismo ha provocato, infatti, una valanga di discriminazioni nei confronti dell'Italia e dei cittadini italiani anche in termini di Servizi linguistici, di organizzazione di concorsi, di gare di appalti, di partecipazione a progetti di cooperazione con i Paesi terzi e di organizzazione di molteplici Servizi intermi alle istituzioni europee.
In un tale contesto, Allarme Lingua desidera affermare, con forza, che l'italiano, in sede di istituzioni europee, deve godere dello stesso trattamento delle lingue degli Stati Membri di equivalente peso demografico, politico, economico e istituzionale, deve disporre degli stessi Servizi e deve essere utilizzato in uguale misura e negli identici ambiti delle lingue ufficiali degli altri tre grandi Paesi d'Europa: Francia, Germania e Regno Unito. Si tratta di una questione di alto profilo tecnico che il Governo che Lei presiede non può esimersi dall'affrontare e risolvere.
Allarme Lingua desidera, peraltro, sottolineare che la questione linguistica europea non è una questione tra inglese e francese e che, in seno al processo di integrazione dell'Europa, non si tratta di scegliere "una" "sola" lingua di "comunicazione" tra i popoli europei. Si tratta, al contrario, di affermare e rendere operante la necessità, riconosciuta dai Trattati, di disporre di molteplici lingue di riflessione e di concepimento, di creare le condizioni per preservare l'identità europea e di garantire la partecipazione di tutti i cittadini e di tutte le civiltà, che compongono l'Europa istituzionale, al processo in corso, sulla base della democrazia, del rispetto reciproco e della corresponsabilità.
Tutto ciò ci conferma nella nostra convinzione che la battaglia per la difesa e la promozione dell'italiano è una battaglia a favore dell'Europa e non, solo, dell'Italia anche se all'Italia incombe il dovere di avanzare e far rispettare le sue ragioni. Riteniamo infatti che il processo di integrazione dell'Europa e gli stessi cittadini europei abbiano bisogno della dimensione umanistica e spirituale che l'italiano apporta nella riflessione e nel concepimento di nuove idee e strategie.
Sul piano interno, desideriamo, peraltro, stigmatizzare quanto avviene in varie università, con la completa sostituzione, in alcuni corsi di laurea, dell'italiano con l'inglese o l'affrancamento dalle tasse universitarie in favore della seconda, in caso di possibile opzione tra le due lingue, motivando il quanto con la crescente partecipazione di corsisti stranieri, non ritenendo per essi essenziale l'apprendimento dell'italiano all'interno del programma di corso, in evidente contrasto con quel processo di integrazione voluto invece, giustamente, per i lavoratori immigrati. Vedasi per tutti il caso del Politecnico di Torino, il cui rettore, per giunta, anziché una patria ramanzina, si è visto attribuire la poltrona di Ministro dell'Istruzione, facendo temere per l'identità futura della nostra scuola e delle nostre università, sempre più minacciate da un'internazionalizzazione che altro non è che un'anglofonizzazione graduale a senso unico che impoverisce progressivamente l'intera realtà culturale del nostro Paese.
Auspichiamo pertanto un ampliamento, dello studio delle lingue straniere nelle scuole italiane, che renda giustizia alle grandi lingue di cultura dell'Europa e che tenga conto della funzione formativa delle lingue, e, non, solo dell'utilità di disporre di una lingua di comunicazione spicciola. Liberi anche di preventivare un quadro internazionale futuro eventualmente meno favorevole all'egemonia linguistica anglosassone.
Attiriamo, infine, la Sua attenzione sulla necessità di rivedere il sistema scolastico italiano in direzione di quell'identità umanistica e classica che è, da sempre, alla base del pensiero logico forgiatore della migliore formazione scientifica e tecnica del nostro Paese.
Nell'auspicio che quanto sopra trovi il giusto riscontro in sede istituzionale, La prego di gradire Signor Presidente, i sensi della mia più alta stima,
Gianluigi Ugo
Presidente Allarme Lingua