Il premier vuole renderla lingua nazionale, ma la maggioranza del Paese non la parla
 
Un anno e mezzo fa, il giorno dopo il suo insediamento, il primo ministro Narendra Modi fece circolare una controversa normativa negli uffici pubblici dell’India intera. Da quel momento tutti i funzionari erano obbligati a twittare, postare su Facebook o sui social media, solo in lingua hindi o, alla peggio, in inglese.  
 
Se proprio non si riesce a evitare l’inglese, intimava perentoria la circolare, si deve fornire una traduzione in hindi: «Viene ordinato ai dipendenti pubblici e ai funzionari di tutti i ministeri, dipartimenti, municipi e banche che hanno account ufficiali su Twitter, Facebook, Google, YouTube o blog che si usi l’hindi, o entrambi l’hindi e l’inglese, ma con priorità per l’hindi». Inoltre si annunciava la proibizione a utilizzare le lingue locali negli uffici e nelle comunicazioni al pubblico.  
 
La lingua, si sa, è un collante fondamentale per costruire una nazione. Eppure la nazione più popolosa al mondo non ha ancora una sua lingua nazionale. È anche per questo che Modi ha riaperto una guerra che si combatte da 100 anni. In India esistono 22 lingue ufficiali, ma ci sono 1652 «lingue madri». Alcune di queste lingue sono radicate da molto più tempo dell’hindi, anche se negli ultimi 50 anni ne sono scomparse già 250. Non bisogna poi dimenticare che qui, secondo l’Unesco, c’è il record mondiale di analfabetismo, con 287 milioni di persone che non sanno né leggere né scrivere: il 37%di tutti gli analfabeti del mondo, a cui è difficile imporre una nuova lingua, nonostante l’aiuto della televisione. 
 
Leggi l'articolo di Carlo Pizzati - lastampa.it