Detlev Blanke

1. Cosa è l’interlinguistica ?

Sull’oggetto dell’intelinguistica vi sono opinioni diverse che riassumerò in modo estremamente semplificato senza citazioni di interlinguisti importanti, che si potranno trovare, comunque, nel mio saggio di prossima pubblicazione Interlinguistische Beiträge (Frankfurt/Main: Peter Lang Verlag, 2006, 405 p.).

La parola “interlinguistica” invita a due interpretazioni:

(a) /interlingu/+istica: la scienza delle interlingue
(b) /inter//lingu(e)+istica: la scienza di tutto tra le lingue

L’accezione (a) è quella tradizionale , la (b) è relativamente nuova.

I sostenitori dell’ Occidental-Interlingue e dell’ Interlingua chiamano “interlinguistica” lo studio delle loro lingue di cui, tuttavia, si trovano pochi saggi scientifici e, nel caso, principalmente in esperanto.

Possiamo distinguere tre scuole principali (con correnti e sfumature che qui tralascio) secondo le quali l’interlinguistica si occupa

(1) delle lingue ausiliari internazionali sia etniche che pianificate
(2) della comunicazione linguistica internazionale
(3)dei rapporti e processi tra le lingue, cioè contatti tra le lingue, comparazioni tra le lingue, traduzione ecc.

Più diffusa è verosimilmente la variante di (1) come scienza delle lingue pianificate , descrittiva e comparativa e (anche) costruttiva. Se si affronta il problema con obiettività e si considera soltanto la struttura delle lingue pianificate si può disputare all’infinito sulle loro qualità ideali ed analizzare continuamente nuovi progetti. Questi vengono creati incessantemente e ne nasceranno anche in futuro in modo particolare in quella miniera d’oro e discarica di rifiuti, la rete, che l’ “homo ludens” ha scoperto anche per la creazione linguistica.

Il campo di (2) è più vasto. Qui l’interlinguistica mette a fuoco il processo di comunicazione internazionale in tutti i suoi aspetti (politico, economico, linguistico, culturale, psicologico, informatico ecc) e naturalmente si occupa anche degli strumenti della comunicazione, non soltanto di lingue pianificate ma anche di lingue etniche. Essa ha un orientamento interdisciplinare, sociolinguistico e di politica linguistica. Secondo la mia esperienza di qualche decennio questo campo è risultato molto più valido di quello di (1) per la collaborazione coi linguisti.

Il campo di (3) è ristretto principalmente alla comparazione linguistica e ai contatti linguistici delle lingue etniche. Tuttavia tali studi non sono superflui per gli interlinguisti tradizionali. Importante è la messa a fuoco delle ricerche.

Se consideriamo la scienza non come fine a se stessa, allora secondo l’ipotesi (1) l’interlinguistica ci aiuti a trovare la “migliore” tra le lingue pianificate esistenti o fissi i criteri per costruire la “migliore”. Secondo l’ipotesi (2) l’interlinguistica ci aiuti a trovare la soluzione per ottimizzare la comunicazione linguistica internazionale.

Tale ottimizzazione secondo me deve avere una dimensione non soltanto tecnica ma anche sociale. Perciò si può ritenere che un efficace e al contempo democratico strumento della comunicazione può esser dato soltanto da una lingua pianificata altamente evoluta. In caso di necessità tale lingua può esser perfezionata (con ad es. lessici particolari) con la pianificazione linguistica ad opera di specialisti..

2. Il ruolo dell’esperanto nell’interlinguistica

Se si considera la lingua non solo come struttura ma come istituzione sociale si fa distinzione tra

(a) progetti,
(b) lingue pianificate in parte praticate, in passato o al presente, (in modo particolare Volapük, Latino sine flexione, Ido, Occidental-Interlingue, Interlingua) e
(c) la lingua pianificata esperanto, che si distingue qualitativamente dai gruppi (a) e (b) tra l’altro per terreno della comunicazione, evoluzione lessicale dal punto di vista qualitativo e quantitativo, comunità linguistica con una propria cultura, proprie tradizioni, lavori scientifici ecc. Questa distinzione sfugge spesso ai linguisti non informati che non sono consapevoli dell’esistenza di una comunità della lingua pianificata e perciò non possono immaginare che la lingua “possiede” una cultura (in effetti non è la lingua ad averla ma la comunità linguistica).

Perciò gli interlinguisti, indipendentemente dalla loro posizione, volenti o nolenti, non possono ignorare l’esperanto perché proprio con tale lingua si possono studiare i problemi basilari dell’esperimento mondiale in cui un progetto linguistico è diventato lingua. Del resto più del 50% della letteratura specialistica sull’interlinguistica secondo una mia valutazione è scritta in esperanto, in modo particolare nel campo (1).

L’ esperantologia è da considerarsi una branca dell’interlinguistica. che studia le fonti, la struttura, l’evoluzione, le funzioni, i terreni della comunicazione e-in modo interdisciplinare- la comunità linguistica.. Nessun’altra lingua pianificata dispone finora di una disciplina scientifica particolare (non esistono infatti una “Volapük-logia”, una “Ido-logia”, una “Interlingue-logia”, una “Interlingua-logia”).

Benché i russisti non studiano la comunità di lingua russa, i germanisti quella tedesca ecc. tuttavia è importante comprendere nell’esperantologia lo studio della comunità della lingua esperanto..

3. Mancanza di interesse

Purtroppo nella comunità esperantista l’interesse per un attivo lavoro scientifico è sottosviluppato.Ciò vale non solo per l’interlinguistica e l’esperantologia ma anche per l’applicazione specialistica in generale.

Manca una rivista di interlinguistica anche se “Language Problems & Language Planning”, edita dalla CED insieme alla prestigiosa casa editrice linguistica Benjamins di Amsterdam ha una sezione interlinguistica.

Della rivista specialistica “Esperantologio-Esperantic Studies” (EES) degli anni 1999–2005 sono usciti solo tre quaderni, misero risultato. Tutt’e due le riviste soffrono di scarsità di abbonati e mancanza di adeguati contributi, in modo particolare nel caso di EES.

Gli interessanti atti della serie di incontri interdisciplinari “Konferencoj de Apliko de Esperanto en Scienco kaj Tekniko” (KAEST), che dal 1998 ogni due anni organizza Petro Chrdle con la sua impresa KAVA-PECH si vendono appena.

Tra i giovani esperantisti che si occupano professionalmente di ricerche ed insegnamento universitario vi è poca disponibilità attualmente a dedicarsi all’esperanto. Vi è tuttavia qualche brillante eccezione.

Quali le cause di questa situazione

Nei riguardi della scienza gli esperantisti si comportano in due modi diversi a seconda della relazione che hanno con il ruolo e le prospettive della lingua.

(1) Coloro che in primo luogo vogliono praticare la lingua e servirsi delle possibilità offerte dalla comunità e quindi preferiscono corrispondere, scrivere qualcosa, viaggiare, amano le quattro chiacchiere tra esperantisti ecc. di solito non si interessano molto di interlinguistica e dei problemi dell’applicazione tecnico-scientifica della lingua ( ad esempio delle carenze terminologiche su cui lavorare a un certo livello). Non ne sentono il bisogno. E questi costituiscono la grande maggioranza.

Ad evitare equivoci la corrispondenza, la letteratura, il turismo ed anche le chiacchiere da caffè sono importanti per l’esperanto e la sua comunità e piacciono talvolta anche agli interlinguisti.

Tuttavia se vogliamo progredire ed assicurare un futuro alla lingua abbiamo bisogno di pratica e teoria.

(2) Coloro che sono attivi nel campo della politica linguistica, che propongono l’esperanto come alternativa all’egemonia dell’inglese (in diversi campi, nelle organizzazioni internazionali o nell’Unione europea) sentono molto più spesso la mancanza di specialisti, di argomenti basati su dati scientifici. Essi sperimentano in modo particolare gli effetti negativi della disinformazione e non conoscenza da parte dei circoli scientifici influenti e sono ben consapevoli della necessità di un solido lavoro specialistico.

4. Perché abbiamo bisogno della scienza

Abbiamo bisogno di ricerche su temi interlinguistici ed esperantologici per ragioni interne ed esterne collegate tra di loro.

(1) Per la nostra cultura interna

Se vogliamo comprendere meglio la comunicazione linguistica internazionale la dobbiamo studiare con obiettività. Inoltre, per comprendere bene il fenomeno lingua pianificata dobbiamo studiare la storia, le tendenze principali e almeno i sistemi più noti (tra l’altro anche per poter fare confronti). Occuparci di esperantologio non solo ci istruisce ma ci mostra anche molti problemi della lingua che è bene non ignorare. I risultati dovrebbero servire all’Accademia di Esperanto per meglio assumersi la sua responsabilità come autorità linguistico-culturale ed attivarsi in opere sistematiche. Una buona conoscenza esperantologica inoltre ci aiuta tra l’altro a preparare dizionari più moderni e manuali più efficienti, a reagire adeguatamente alle proposte di riforme e ai bisogni di pianificazione linguistica nell’esperanto.

(2) Per la nostra attività esterna.

Soltanto degli interlinguisti ed esperantologi colti, capaci di muoversi nell’ambiente scientifico hanno delle possibilità di pubblicare articoli o libri specialistici nel mondo scientifico non esperantista e sono accettati come seri partner. Essi si esprimono con prudenza su diversi miti (“la lingua più facile”, che è “logica” e “fonetica”, ha “soltanto 16 regole” ed è parlata da “16 milioni” ecc.).

Per poter decidere sul ruolo dell’esperanto, ad esempio, nel sistema educativo, la sua introduzione nell’ambiente universitario, un eventuale impiego parziale in organismi pubblici o privati internazionali, chi ha il potere decisionale consulterà in primo luogo non l’associazione esperantista ma gli esperti non esperantisti, in primo luogo i linguisti, purtroppo però non sempre quelli più competenti della materia, gli interlinguisti. Se i linguisti restano incompetenti sulle nostre tematiche i loro giudizi possono solo creare danni.

5. Come diventare esperti di interlinguistica ed esperantologia

Per apprendere e coltivare l’interlinguistica e l’esperantologia non vi sono grandi possibilità in seno alla comunità esperantista.Le conferenze nazionali ed internazionali in materia sono rare. Raramente vi sono dei programmi adeguati in seno ai congressi nazionali o internazionali. Nelle università talvolta si tengono dei corsi più o meno semplici di esperanto ma molto raramente delle serie di lezioni sulle discipline intrelinguistica ed esperantologia.

E’ sintomatico che in più di 40 anni nessun altra università ha seguito l’esempio di Budapest dove si può conseguire il diploma di insegnante di esperanto. Si può osservare tuttavia una crescita del numero di tesi di laurea (in modo particolare quelle di secondo livello ma anche di primo livello) specialmente nel mezzo degli anni 70.

Degna di lode l’organizzazione degli Studi Interlinguistici universitari postbase dell’Università Adam Mickiewicz di Poznan (Polonia), iniziativa della Dr.sa Ilona Koutny.

Ultimamente sono sorte delle possibilità di sostenere degli studi seri anche finanziariamente: “Esperantic Studies Foundation” (www.esperantic.org).

La letteratura specialistica è abbastanza sviluppata come si può vedere nelle bibliografie e nei cataloghi delle biblioteche, sempre più anche nella rete. Io ho cercato di descrivere sommariamente le fonti della materia (“Interlingvistiko kaj esperantologio: vojoj al la faka literaturo”-Interlinguistica ed esperantologia: le vie per la letteratura specialistica-, Rotterdam: UEA, 2003). La bibliografia importantissima della “Modern Language Association of America” (MLA) contiene la sezione “Auxiliary languages. International languages”in cui vengono ogni anno registrati tra 300 e 400 titoli (ad opera mia e di Humphrey Tonkin ).

Il bollettino di informazione “Informilo por Interlingvistoj”, che redigo dal 1992, in quattro quaderni all’anno (fino alla fine del 2006 sono usciti 59 quaderni) cerca di informare sulle principali pubblicazioni e manifestazioni interlinguistici in scala internazionale (e io invito ad inviarmi notizie utili). Chi fosse seriamente interessato può richiedere gratis il bollettino all’UEA. In sostanza delle possibilità esistono comunque.

6. Qualche proposta

Nella tale situazione e con i problemi delineati io raccomando:

1. I livelli dirigenziali della comunità linguistica esperantista prenda in maggiore considerazione il valore strategicamente importante dell’attività scientifica e l’incoraggi.

2. Gli specialisti particolarmente interessati e capaci , specialmente i giovani, ricevano delle sovvenzioni per specializzarsi in interlinguistica ed esperantologia e si dia loro la possibilità di presentare i loro studi a livello nazionale ed internazionale.

3. Nell’ambito nazionale è necessario creare delle società, organizzazioni o istituzioni di altro genere, di carattere scientifico che uniscano le persone interessate all’interlinguistica e all’esperantologia (quello che già fa, con un certo successo, già dal 1991 la tedesca “Societo pri Interlingvistiko” (www.interlinguistik-gil.de ), le incoraggino nel lavoro scientifico e diano loro la possibilità di presentare i risultati (conferenze, pubblicazioni). Queste persone ben preparate si attivino negli ambienti scientifici e di insegnamento universitario.

4. Vi siano più possibilità in campo internazionale (conferenze, seminari, programmi speciali in occasione di congressi) per presentare e far conoscere gli studi interlinguistici ed esperantologici.

5. E’ necessario compiere maggiori sforzi su scala internazionale per unire ed attivare gli specialisti (sia in collegamento con il “Centro de Esploro pri la Monda Lingvo-Problemo” (centro di ricerca sul problema linguistico mondiale) sia con nuove prove organizzative come l’ “Internacia Asocio pri Interlingvistiko”, fondata nel 2005 a Tartu- Estonia).

Da La Ondo de Esperanto, 4-5/2006 p.4-5

(Trad.Giorgio Bronzetti)