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  Silvia Pallini, laureatasi in Scienze Politiche con una tesi sull'Italia multilingue e le sfide delle nuove minoranze ha presentato a Bloemfontein (Sudafrica) nell'ambito del 12° Congresso della prestigiosa International Academy of Linguistic Law di Montréal (Canada) una ricerca condotta insieme con Giovanni Agresti, ricercatore dell'Università di Teramo. Lo studio verte sulla possibilità di armonizzare la protezione del patrimonio linguistico-culturale e lo sviluppo locale nel caso dell'isola linguistica arbëresh di Villa Badessa (Comune di Rosciano, provincia di Pescara). Disvastigo ha incontrato la giovane studiosa per saperne di più.

MR: Prima di tutto vorrei domandarLe come è nato il suo studio e la sua esperienza a riguardo

SP: Lo studio sul modello italiano di protezione delle minoranze linguistiche e sulla realtà arbëresh di Villa Badessa nasce dall’incontro con il professor Giovanni Agresti, linguista e ricercatore presso l’Università degli Studi di Teramo, dedito alla causa dei diritti linguistici delle minoranze. Partendo dall’analisi dei tratti salienti della legge nazionale n. 482/1999 a protezione delle minoranze linguistiche storiche d’Italia e mettendoli a confronto con quelli delle stesse leggi adottate a livello regionale, è emerso che queste ultime, proprio perché prendono in considerazione più da vicino la realtà del terreno, risultano spesso più funzionali, e dunque più efficaci, rispetto alla legge nazionale, in merito alle azioni di promozione e protezione delle lingue-culture minoritarie. Tuttavia, quello che in generale manca nel quadro italiano di protezione delle minoranze linguistiche è l’attenzione ai problemi dell’integrazione sociale delle minoranze, soprattutto di quelle di nuovo insediamento, le minoranze immigrate. Lo scopo della nostra ricerca è stato allora quello di proporre dei suggerimenti per colmare questo tipo di lacuna. E lo abbiamo fatto partendo dalla possibilità di emendare la proposta di legge regionale abruzzese 430/03 a protezione della minoranza arbëresh di Villa Badessa, frazione di Rosciano, in provincia di Pescara. Ciò che più mi ha affascinata di questa comunità, che ho potuto conoscere molto da vicino grazie al Festival delle Letterature d’Europa e del Mediterraneo (manifestazione artistica legata al Convegno internazionale delle Giornate dei Diritti Linguistici) svoltosi proprio a Villa Badessa, è stato scoprire che qui, diversamente da quanto è accaduto per le altre comunità albanofone di antico insediamento presenti nel Sud Italia, la lingua arbëresh è stata completamente abbandonata da oltre mezzo secolo. Affascinante è stato cercare di capire perché solo qui ci sia stata un’interruzione nella trasmissione intergenerazionale della conoscenza e dell’uso della lingua. Nonostante l’assenza della lingua, a Villa Badessa è tuttavia possibile respirare la cultura albanese che i primi coloni importarono da Piqeras (Himara) e che si è conservata dal 1744 attraverso il rito liturgico cattolico greco-bizantino del Tipikon di Costantinopoli e le 75 preziose icone bizantine realizzate tra il XV e il XVIII secolo, custodite nella chiesa di Villa Badessa (appartenente alla diocesi greco-orientale di Lungro, in Calabria) e che costituiscono la sola collezione di tal genere in Europa. Una legge regionale per le minoranze linguistiche d’Abruzzo aiuterebbe maggiormente a conservare la memoria di questo luogo e di questa comunità.


MR: Le conclusioni e le applicazioni del suo studio. Perché presentarlo durante una conferenza internazionale? E' un qualcosa di "esportabile" oppure ha rilevanza solo locale?


SP: L’introduzione di elementi legati alla protezione linguistica delle minoranze immigrate potrebbe fare della proposta di legge abruzzese un modello all’avanguardia in Italia e forse anche in Europa, ma soprattutto potrebbe iscrivere i progetti di promozione/protezione in una più amia cornice di progettazione europea e contribuire così allo sviluppo economico del territorio tramite il turismo religioso e scambi culturali tra le due sponde dell’Adriatico, ad esempio. Partecipare ad una conferenza internazionale permette di esportare e condividere queste idee, di conoscere la realtà esistente in altri paesi, di confrontarla con la propria e di stringere sinergie per realizzare azioni comuni nell’obiettivo comune di raggiungere il più ampio rispetto possibile delle differenze socio-culturali, nella consapevolezza che la valorizzazione dell’Altro e della sua identità, e quindi del dialogo interculturale, può essere una via efficace anche in termini di sicurezza sociale di contro al dilagare del pregiudizio etnico.


MR: Le tesi spesso hanno vita breve e non arrivano alla pubblicazione. Spesso infatti, si fermano, dimenticate, negli uffici dell'università. E' soddisfatta del suo lavoro? Tornerà di nuovo ad occuparsi dell'argomento?


SP: Ha ragione, molto spesso il frutto di un lavoro di ricerca, che spesso richiede sacrifici in termini di dispendio economico e di energie, rimane solo il mezzo attraverso cui raggiungere l’obiettivo: la laurea. Dopodiché rimane in bella vista sullo scaffale di casa o nascosto negli archivi delle segreterie universitarie. Accade spesso ma non sempre, per fortuna. Io sono stata fortunata, e per l’argomento trattato e perché ho avuto il piacere e l’onore di lavorare con un professore dinamico e attento, che ha saputo valorizzare  il nostro lavoro non distaccandosi mai dall’utilità e dall’attualità dello stesso. Il progetto di una legge regionale a protezione delle minoranze linguistiche si rivolge, infatti, alla società ed ai suoi bisogni, in particolar modo a quelli, oggi imperanti, di coesione e di integrazione tra le diverse culture cercando però di evitare il pericolo dell’assimilazione, ossia della prevaricazione di una cultura sull’altra. Inoltre, la proposta di emendamento al preesistente progetto di legge 430/03 sulla protezione della minoranza arbëresh di Villa Badessa ha dato slancio ad una serie di attività culturalmente interessanti, tra cui il gemellaggio tra Villa Badessa e Lukova, municipalità dalla quale dipende Piqeras. C’è ancora molto da fare in merito a questi progetti e di sicuro l’ultimo capitolo della mia tesi si presta ad essere ampliato. Quindi è probabile che tornerò ad occuparmi dell’argomento. La ricerca non deve svolgersi esclusivamente in ambito accademico e per questo mi sento di dire a tanti miei colleghi e coetanei di non rinunciare a far conoscere il loro lavoro se ritengono di poter apportare un contributo utile ed originale. A volte la fortuna aiuta, ma solo l’ingegno e la passione possono condurre a risultati inaspettati.