Un grande contributo all'Unità d'Italia è stato offerto dagli esuli politici che, pur lontani dalla madrepatria, hanno promosso la causa dell’indipendenza attraverso la produzione di scritti volti a dimostrare l'esistenza di una cultura nazionale tale da giustificare, sul piano politico, il diritto degli Italiani all’autodeterminazione. Uno degli autori più attivi nei primi decenni del XIX secolo era il cosentino Francesco Saverio Salfi (1759-1832).

Collaboratore della “Revue Encyclopédique” e continuatore della celebre Histoire Littéraire d’Italie di Ginguené, egli proseguì anche durante il suo esilio francese la propria attività rivoluzionaria legata alla Carboneria.

Avviato alla carriera ecclesiastica dalla famiglia, si formò culturalmente nei salotti cosentini degli allievi del Genovesi, maturando uno degli elementi maggiormente caratterizzanti della sua produzione letteraria, ovvero l’idea di un teatro visto come elemento educativo. Giacobino, condivise il percorso e le speranze di molti intellettuali italiani, combattendo prima nella Legione Italica. Tramontato definitivamente nel 1815 l’astro di Murat, Salfi scelse la via dell’esilio in Francia, dove, grazie a Ginguené “entrò in contatto con l’ambiente degli ideologues”.
 
Nei salotti d’oltralpe l'intellettuale italiano venne a contatto con molti intellettuali “amici” dell’Italia, tra i quali Marc Antoine Jullien, direttore della “Revue Encyclopédique”, ma, allo stesso tempo, dovette confrontarsi con studiosi come il Sismondi, sostenitori di un’immagine negativa della letteratura italiana. La produzione salfiana dell’esilio si contraddistingue, pertanto, per la strenua difesa dell’italianità. In questa chiave il cosentino riabilita il Seicento - ritenuto dall’intellettuale svizzero come il regno del “pessimo gusto” - elaborando una teoria del primato degli Italiani: se gli Italiani avevano guidato la rinascita dell’Europa dopo i secoli bui del Medio Evo, allo stesso modo lo scienziato fiorentino aveva avviato la rivoluzione scientifica, nonostante l’oppressione straniera e della Chiesa. L’opera salfiana, tuttavia, va ben oltre l’esaltazione della cultura nazionale ma mira a collocare l’Italia a fianco degli altri stati europei non solo per quanto riguarda la repubblica delle lettere, ma anche sul piano politico. Il cosentino, infatti, afferma il diritto degli Stati della penisola a godere di una carta costituzionale per dar vita, secondo il modello federalista, ad un unico soggetto di politica internazionale indipendente dalle potenze vicine, in primo luogo dall’Austria.

Tre sono i momenti principali in cui possiamo classificare.. la riflessione politica e letteraria di Salfi durante l’esilio (1815-1832): l’“invenzione” del Genio, l’identificazione di una tradizione nazionale e l’affermazione dei diritti dell’Italia sul piano europeo. Negli articoli Du génie des Italiens et de l'état actuel de leur littérature egli rintraccia, infatti, le caratteristiche peculiari della cultura italiana, nell’Histoire littéraire d’Italie ne individua i miti fondanti, riabilitando Machiavelli e Dante in chiave repubblicana e antiecclesiastica e, infine, ne L'Italie aux dix-neuvième siècle presenta il suo progetto politico per l’Italia quale “ultimo omaggio alla patria”. Nel 1830 l’esule italiano intraprese la stesura dello scritto Trois jours de Paris, dedicato ai moti nella capitale transalpina e in Italia, che tuttavia rimase inedito a causa delle precarie condizioni di salute.