William Auld

 

Chi studia la lingua inglese da un punto di vista storico non può non constatare che la lingua, come tutti i fenomeni, si è evoluta e cambiata continuamente attraverso i secoli. Ma gli uomini d’oggi sanno che evoluzione non sempre significa miglioramento, ma in generale somiglia alla vita dell’individuo dalla nascita alla morte. A me sembra che nel corso dell’attuale secolo sensibilmente siano iniziate la crisi e la decadenza della lingua inglese.


L’uso preciso e perfetto della lingua in una società è molto importante, giacché un linguaggio impreciso facilmente trae in inganno. Vedi ad es. la pubblicità televisiva e analizza il significato letterale delle solite frasi: tendono a suggestionarci, anche senza evidenti menzogne. Ascolta le espressioni spesso nebulose dei politici, i quali mirano ad impressionare nella maniera più astratta possibile. Questo non è un fenomeno nuovo, ma oggi vengono accettati più acriticamente che in altre epoche valori semantici errati.

Apogeo dell’inglese

A ragione è ormai assodato che la lingua di Shakespeare (1564-1616) costituisce il momento culminante dell’inglese: sua unica rivale è la traduzione della Bibbia commissionata da re Giacomo I d’Inghilterra (1566-1625). A tal proposito bisogna sottolineare due fatti: quelle opere contemporanee sono soltanto l’apice di un’epoca caratterizzata dall’uso di una bella lingua; entrambe erano dirette al popolo che era solito ascoltare e in generale comprendere un linguaggio forbito; il quale era lo stesso udito nelle lunghe prediche domenicali delle loro chiese e nelle rappresentazioni teatrali che contribuirono grandemente al godimento del tempo libero. Shakespeare e molti altri drammaturghi aspiravano al successo, e lo conseguirono, ma il loro linguaggio non era apprezzato soltanto da un’élite di intellettuali.



Sebbene la lingua subisse dei mutamenti nei due secoli successivi (‘700 e ‘800), tuttavia essa fu salvaguardata, con arricchimento lessicale e piacevolezza di stile: la popolarità di Dickens (1812-1870) e di altri autori lo dimostra. A proposito è importante tenere a mente che ciascuno di noi è fornito di due tipi di linguaggio: quello usato attivamente, e quello non usato ma utilmente compreso. A me sembra che attualmente i due tipi siano generalmente ridotti in consistenza.


Decadenza



In questo primo quarto di secolo autori geniali hanno cominciato a notare ciò, sulla scia dello statunitense Ezra Pound e l’irlandese James Joyce, reagendo positivamente e seguendo ciascuno le proprie inclinazioni. Purtroppo le loro opere sono risultate incomprensibili a larghi strati della popolazione.



Diversi fattori contribuiscono alla decadenza di una lingua. Ad es. l’imprecisione semantica. Se si confronta un testo inglese del 13° secolo con la lingua moderna, facilmente si può constatare che molte parole hanno cambiato il loro significato; ad es. silly significava felice, fortunato, ora significa stolto. Ciò al giorno d’oggi non ci crea fastidi. Ma nel periodo del mutamento certamente qualche disturbo lo procura e la lingua nel contempo diventa imprecisa. E l’attuale secolo è un periodo di veloci mutamenti. Tra migliaia di esempi ne cito uno significativo: uninterested ((disinteressato) e disinterested (neutrale, obiettivo). Pertanto quando si ode l’espressione I am disinterested in that, non si sa subito se manca l’interesse o la convinzione.



Altro fattore d’incomprensione è l’uso di frasi fatte, stereotipate, spesso iniziate con metafore. Tali frasi sono certamente sempre esistite, ma per le attuali possibilità di comunicazione, esse penetrano profondamente e immediatamente in larghi strati della società, in cui tutti ripetono pappagallescamente le stesse frasi ed in qualunque contesto, cosicchè possono presto significare tutto o niente. Si tende ad usarle come se potessero risolvere o compendiare ogni sorta di problemi o di punti di vista, a prescindere dal loro reale significato intrinseco. Lo stesso ruolo è svolto dagli eufemismi, come se col cambio di un termine spiacevole se ne potesse allontanare la negatività. Un cieco (blind) diventa un handicappato nella vista (visually hundicapped). Alla stessa stregua vengono trattati problemi di razza, sesso, sociali, di classe, che non scompaiono, ma vengono soltanto nascosti.


Uguaglianza degli uomini



Perchè dunque la decadenza della lingua si è allargata sempre più? La maggior colpa è insita nella dottrina della uguaglianza degli uomini, la quale dopo i molti e necessari miglioramenti nella condizione umana, ha prodotto la divinizzazione della mediocrità o perfino della sufficienza con la scomunica di più alti criteri (sì) mediante un ulteriore cliché: l’élitarismo. Ciò che non è comune non è da accettare. Di primo acchito, nulla c’è di più comune della lingua ordinaria, ma la lingua usata comunemente è quella di base, semplice ed imprecisa. Nell’attuale secolo coloro che tendono ad esprimere un’alta cultura vengono beffeggiati (hai inghiottito un dizionario?).



Colpa di ciò risiede anche nel fatto che i presentatori televisivi rappresentano molto spesso ammalianti modelli linguistici. Essi sono, o sembrano essere, incolti e analfabeti. Prima di tutto la popolarità. Si sottovaluta la sagacia della massa e moltissimi accettano la cosa come la norma.



E il linguaggio commerciale? Oggi le belle e chiare parole del Salmo 23°: “l’Eterno è il mio pastore; non avrò mancanze...e resterò per sempre nella casa del Signore”, si preferisce tradurre: The lord and I are in a sheperd-sheep situation, and I am in a position of negative need... And I will possess tenant rights in the housing unit of the Lord on a permanently open-ended time basis.

In un breve articolo posso solo superficialmente toccare questa mia problematica, in verità semplificando molto. E’ da notare ancora un altro importante fattore favorente la decadenza della lingua inglese: la sua internazionalizzazione. Il suo uso in un ruolo per il quale è pochissimo adatto comporta fraintendimenti ed adattamenti erronei che a poco a poco, volenti o nolenti, i parlanti originari devono accettare. Questi a loro volta tendono a semplificare e adattare la lingua alle esigenze degli stranieri (compresi i loro istruttori). Molta colpa hanno quegli ammirevoli uomini, i quali si sforzano di realizzare l’impossibile: gli interpreti. Io amo la mia lingua materna. Dunque tanto più tristemente osservo il suo sputtanamento.



William Auld (designato al premio Nobel per la letteratura)



Traduzione di Pino Lalli