Il 3 dicembre, il Ministro della Pubblica Istruzione spagnolo, José Ignacio Wert, ha diffuso il progetto di una nuova legge in materia di istruzione. Il disegno di riforma, clericale, neoliberale, centralista e nazionalista, ha sollevato molte reazioni opposte di diversa provenienza, particolarmente in Catalogna. Associazioni, sindacati e partiti, infatti, hanno annunciato la disobbedienza al provvedimento, se approvato. Il Presidente del Governo autonomo della Catalogna ha riunito tutti i partiti favorevoli al mantenimento del sistema scolastico attuale, ovvero l'80% del parlamento catalano, ed ha organizzato un fronte politico comune contro la nuova legge. Lunedi 10 dicembre 2012 a Barcellona hanno manifestato 5000 persone, tra cui rappresentanti dell'Associazione catalana di Esperanto, che si è unita alle proteste.

Evidentemente, il governo spagnolo ha aspettato lo svolgimento delle elezioni in Catalogna la settimana precedente, per diffondere il suo progetto. Due terzi del nuovo parlamento catalano, infatti, sono favorevoli allo svolgimento di un referendum per la proclamazione dell'indipendenza mentre Madrid si oppone fermamente a tale consultazione. Secondo i sondaggi degli ultimi due anni, infatti, la maggioranza dei catalani è favorevole all'indipendenza, orientamento che ha guadagnato favore a seguito delle diverse iniziative promosse dal governo spagnolo, eletto dopo la vittoria del Partito Popolare (PP) alle  elezioni parlamentari del novembre 2011.
Il PP è stato fondato da un ex ministro del generale Franco e nei primi anni ha esplicitamente difeso l'eredità della dittatura. Nel corso degli anni '80 e degli anni '90 il suo centralismo e nazionalismo si sono in qualche modo moderati ma queste tendenze sono tornate a radicalizzarsi negli ultimi dieci anni. Un sondaggio del principale quotidiano spagnolo, El Pais, ha dimostrato, infatti, che la percentuale di spagnoli favorevoli alla liquidazione della Autonomie e al ritorno al centralismo statale è cresciuto dal 10% rilevato nel 2003 al 29% di oggi e la netta maggioranza delle persone che si sono espresse in tal senso appartiene all'elettorato del PP. In risposta a tale posizione ed alle diverse decisioni della Corte costituzionale e del tribunale supremo spagnoli che negli ultimi anni hanno limitato l'autonomia della Catalogna l'opinione pubblica catalana si è radicalizzata nella direzione opposta, tanto che un milione di persone ha manifestato per le strade di Barcellona nel luglio 2010 contro i tagli e un milione e mezzo nel mese di settembre di quest'anno per l'indipendenza.
La proposta di legge deve essere considerata come un ulteriore passo nell'aggravarsi della crisi tra l'accentramento propugnato dalla maggioranza della società spagnola e il desiderio della grande maggioranza dei catalani di mantenere o estendere l'attuale autonomia. In particolare, la riforma è stata presentata dal ministro che più si è evidenziato per il suo nazionalismo, e che, in particolare, è salito alla ribalta con una sua dichiarazione nel mese di ottobre davanti al parlamento, sostenendo che lo scopo del Governo è "spagnolizzare i bambini catalani." Il disegno di legge, infatti, permette al governo spagnolo di poter controllare più che in passato il contenuto della materie di studio. Si rafforza anche il peso del castigliano nel campo dell'istruzione e rende obbligatoria l'impartizione dell'educazione attraverso tale lingua in tutto lo stato. Allo stesso tempo il catalano, il galiziano, il basco e l'occitano, ufficiali in 6 delle 17 comunità autonome della Spagna, sono considerati solo come materie "specialistiche", evidenziandone così la secondarietà.  La nuova legge, inoltre, non si propone di soddisfare i diritti di più di 100 000 bambini di Valencia che richiedono regolarmente l'istruzione impartita in catalano ma, al contrario, l'insegnamento avviene in castigliano per le politiche linguistiche del PP, dominante nella regione. I principi fondamentali del sistema educativo in Catalogna, che la riforma intende demolire, sono da un lato, non dividere gli studenti in base alle lingue parlate e dall'altro garantire l'apprendimento sia del catalano che del castigliano. In sostanza, la prima è utilizzata nell'insegnamento nella scuola elementare, e a questo scopo viene utilizzata la pedagogia sviluppata in Quebec che consente un insegnamento anche per i non madrelingua  per la maggior parte degli studenti, prevendendo un aiuto particolare per i bambini che hanno problemi (quasi senza eccezione, sono ragazzi originari di altri paesi, che pure non parlano il castigliano). Nella scuola secondaria anche lo spagnolo viene utilizzato come lingua veicolare, spesso allo stesso livello del catalano o persino di più. Poichè il castigliano è dominante nella società, con questo sistema gli studenti ne ottengono la completa padronanza. Secondo varie ricerche comparative, tra cui PISA, al termine della formazione i bambini della scuola catalana ricevono risultati migliori nell'uso dello spagnolo rispetto alla media della Spagna, comprese le regioni, in cui è la lingua madre della maggior parte degli studenti.
Questo sistema educativo funziona da quasi 30 anni e ha ricevuto molti riconoscimenti, per esempio dall'UNESCO, in quanto riesce a bilinguizzare senza problemi le nuove generazioni e di far sì che il catalano venga normalmente utilizzato in quasi ogni contesto sociale. Per questo è fortemente sostenuta dalla stragrande maggioranza della società catalana, indipendentemente dalla loro origine e lingua madre, ed è considerato come molto probabilmente il principale successo degli ultimi decenni per lo pacifica coesistenza delle lingue in Catalogna.

E' difficile prevedere il futuro della legge. La maggioranza del Partito Popolare nel parlamento spagnolo senza dubbio è essere in grado di ad approvare tale provvedimento, ma questo ovviamente rafforzerà ancora di più il desiderio di secessione della maggior parte dei catalani.

Articolo originale: Leĝoprojekto pliakrigas lingvobatalon en Ibera Duoninsulo