1. Ritiene che la comunicazione  linguistica a livello internazionale costituisca un problema reale o sia già stata risolta dal predominio della lingua inglese?

R. L’inglese è una lingua di utilizzo internazionale, ma solo fra le persone con alti gradi di studio. E non tutte. In altre parole esclude la maggior parte delle persone di lingua non inglese.

2. Ritiene che in Italia esista un'emergenza nell'apprendimento delle lingue straniere che non può risolversi nella promozione dello studio di una sola lingua?

R. In un contesto politico ed economico sempre più internazionalizzato, la necessità di parlare lingue condivise a livello internazionale è un’evidenza incontestabile, considerato che l’italiano è una lingua minoritaria. Ci si illude che possa bastare l’inglese, ma ciò vale prevalentemente in ambito istituzionale, scientifico e tecnologico. Se l’obiettivo è parlare con le persone ed informarsi su temi di attualità politica e sociale, allora bisogna includere anche lo spagnolo, tanto per rimanere su una lingua molto parlata, e per noi di apprendimento abbastanza facile. Ma dovremmo prendere in seria considerazione almeno l’arabo per noi che ci affacciamo sul Mediterraneo.

3. Ritiene che la politica europea debba seriamente impegnarsi nella difesa e nella conservazione della molteplicità culturale e linguistica dell'Europa?

R. Penso che la sfida che abbiamo di fronte sia al tempo stesso quella di salvaguardare le peculiarità linguistiche e culturali di ogni territorio e quella di consentire la comunicazione fra le popolazioni dei vari territori al fine di rafforzare rapporti di cooperazione culturale, sociale, politica, economica. Ogni cultura e ogni lingua è frutto della propria storia e di un processo di adattamento al proprio territorio. La diversità è garanzia di resistenza socio-ambientale e di ricchezza di pensiero. L’omologazione è impoverimento che porta alla sudditanza.

4. Sarebbe disponibile a favorire nel Parlamento Europeo, in caso di Sua elezione, un serio approfondimento delle problematiche contenute nei punti 1. 2. e 3. del presente documento?

R. Senz’altro sì. Del resto oggi si sta riflettendo molto anche sull’assetto istituzionale che dovrebbe assumere l’Europa federata. Più che un’Europa di stati nazione come esistono oggi, forse avrebbe più senso pensare ad una federazione di regioni europee caratterizzate da unità linguistica e culturale.

5. Sarebbe infine disponibile ad appoggiare una seria sperimentazione, sostenuta ufficialmente da istituzioni formative in collaborazione con la Comunità Europea, di una più ampia diffusione dello studio dell'esperanto come lingua ausiliaria nella comunicazione internazionale e propedeutica allo studio delle altre lingue straniere?

R. Non ho mai studiato l’esperanto e non ho mai riflettuto sull’uso dell’esperanto come soluzione al problema della diversità linguistica. Di sicuro il problema esiste, per cui credo che abbia senso appoggiare una seria sperimentazione dell’esperanto in prima istanza per capire se può rappresentare una valida soluzione o cercarne altre.