Charles Durand e' professore all'Universita' di Tecnologia di Belfort-Montbeliard in Francia.
E' uno di quei francesi, che, come il suo antenato Asterix, lottano con coraggio e tenacia in una lotta impari. Asterix cercava di resistere al piu' potente esercito del mondo, quello romano e non ci riusci'. Durand e noi suoi amici proviamo a fare lo stesso contro la piu' potente concentrazione di mezzi economici, politici e culturali mai visti al mondo, che cercano di convincerci ad autocancellarci per diventare tutti sudditi dell'impero americano.
La lingua e' uno degli strumenti per mettere in atto quello che viene chiamato "imperialismo linguistico-culturale", anche se l'espressione fa arricciare il naso a molti e ricorda slogan sessantotteschi. Durand ha denunciato scopi e maniere di attuazione di questo imperialismo in alcuni suoi fortunati libri, l'ultimo dei quali e' "La mise en place des monopoles du savoir", edito da L'Harmattan di Parigi alcuni mesi fa.
Nell'articolo "L'inglese: un nuovo esperanto?", che offriamo agli interessati, si sostiene che l'inglese viene considerato da molti come una specie di esperanto anche se le sue caratteristiche sono ben lontane da quelle dell'esperanto, che è stato pensato specificatamente proprio per la comunicazione internazionale e che può essere appreso ottimamente in meno del 10% del tempo necessario all'acquisizione di una seconda lingua. Il problema principale dell'inglese, comunque, è altrove. L'inglese è il veicolo della più orrenda macchina di propaganda che sia stata mai concepita dall'uomo. La cosa più notevole da tutto ciò è che a poco a poco quelli che fuori degli S.U. sono esposti a questo tipo di propaganda sviluppano una visione del mondo quasi uguale a quella di un americano. In altre parole, anche se il giudizio americano sulla nazione X è fortemente prevenuto il cittadino di questa nazione che studia inglese svilupperà lo stesso giudizio. . L'inglese, in sostanza, è di grande aiuto agli americani per stabilire quel tipo di rapporto arassitico di cui ha bisogno il loro paese per continuare a saccheggiare le risorse mondiali e raccogliere attraverso l'uso diffuso di un dollaro sopravvalutato un tributo dalla maggior parte dei paesi sovrasviluppati.
Si tratta di un articolo dai toni forti, ma dalle argomentazioni serrate alle quali e' difficile contrapporre alcunche'.