D I S V A S T I G O
Approfondimenti


DIS-A189

IL VALORE CULTURALE DELLA LINGUA INTERNAZIONALE

di Ivo Lapenna   

Il fondamento su cui poggia l’intera costruzione dell’esperantismo è la lingua stessa. Sulla base della geniale opera del Dr. Zamenhof e in particolare sulla base dei principi profondamente scientifici da lui posti nel percorso evolutivo della lingua internazionale siamo riusciti in soli 7 decenni a trasformare un progetto in una lingua viva pienamente funzionante, sempre più perfetta, sempre più ricca di sfumature e nello stesso tempo sempre più organica. 

   A tale mirabile trasformazione, mai prima sperimentata dagli uomini, ha contribuito tutta la comunità esperantista, e entro di essa ogni singola persona che ha parlato o parla esperanto, dagli spiriti più elevati che hanno coraggiosamente iniziato a scrivere, in lingua originale o tradotta, nella nuova lingua di letteratura e di scienza, da quegli audaci genitori che non hanno esitato a introdurla anche nella loro vita famigliare, fino alle più semplici persone, senza pretese, che la usano con la loro cerchia di amici nei viaggi all’estero o in qualunque altra occasione.

Vi hanno contribuito perché solo grazie ad una pratica nel senso più ampio della parola in ogni settore la lingua è diventata un incontestabile fatto sociale. Si può non vedere questo fatto. Si possono chiudere gli occhi apposta per non vederlo e molte persone miopi, purtroppo anche uomini di scienza, si comportano proprio così. Ma ciò non può cambiare la realtà.

  L’esperanto è oggi un fatto sociale obiettivamente. Se non fosse per altro, questa sola esperienza linguistica, unica in tutta la storia culturale dell’umanità, dovrebbe per pura curiosità scientifica, se non per altre ragioni, interessare tutti i linguisti e i sociologi. E se non fosse per altro che per questa unica nostra creazione noi dovremmo amare infinitamente questo nostro bambino , curarlo maternamente, proteggerlo con tutte le energie ed anche esserne orgogliosi, molto più di quanto si è soliti fare.

  Le lingue in senso proprio nascono ordinariamente prima come lingue parlate e solo dopo un lungo periodo evolutivo si trasformano in lingue scritte letterarie. La lingua internazionale ha potuto saltare questo lunghissimo periodo evolutivo e utilizzando l’eredità culturale delle lingue nazionali più ricche ha potuto iniziare la sua vita subito come lingua letteraria.

   Zamenhof ha compreso benissimo che una lingua senza letteratura non può avere un valore culturale, né può fungere da strumento generale di comunicazione e di pensiero in ogni sfera della vita internazionale.

  La letteratura esperanto forma oggi un magnifico mosaico variopinto molto interessante dei valori spirituali di tutti i popoli ed ha un doppio significato per la lingua. Ogni nuova traduzione, ogni nuova opera, ogni romanzo, novella, poesia, saggio, anche ogni lavoro scientifico o dissertazione rappresenta un maggiore arricchimento della lingua ed un rafforzamento della sua coesione. Inoltre la creazione letteraria ha conferito e conferisce alla lingua un contenuto culturale sempre più ampio e prezioso.

  Perchè lo poniamo in risalto ? Perchè vi sono ancora delle persone, pure negli alti gradi della gerarchia culturale, che con l’arroganza superficiale caratteristica di chi non sa asseriscono a cuor leggero che l’esperanto non è una lingua di cultura. Non capiscono che non esistono lingue di cultura e lingue non di cultura in se stesse ma che il carattere culturale di una lingua dipende esclusivamente dai valori culturali che in tale lingua sono stati creati.

  Queste persone cantano odi alle proprie lingue nazionali e ancora di più a quelle dei grandi popoli e dimenticano del tutto che ciò che oggi noi ammiriamo in quelle lingue una volta veniva considerato qualcosa di semplicemente primitivo. Parlano romanticamente della bellezza delle lingue dei popoli e dimenticano di aver dovuto sgobbare per studiare a scuola la propria lingua nazionale letteraria per liberarsi dell’accento, delle espressioni e forme cosiddette popolari e del resto, nella vita di ogni giorno, assumono, ingiustamente, un atteggiamento distaccato verso coloro che per non aver studiato si trovano linguisticamente a livello popolare. Osano chiamare barbaro l’esperanto e vanno fieri della loro conoscenza di una o due lingue estere e non si rendono conto di quanto suoni barbara la lingua estera scritta o parlata da loro ma lasciamo perdere.

  Per noi importa anzi tutto il fatto innegabile che l’esperanto è una realtà sociale e che, inoltre, esso è diventato già una lingua di cultura. Questa è la prima constatazione. La seconda riguarda il carattere della natura sociale umana nelle attuali condizioni storiche. Se diamo uno sguardo anche se in modo del tutto superficiale all’evoluzione dell’umanità vediamo facilmente che vi è stato un graduale passaggio da forme di convivenza le più semplici e primitive a gruppi sociali sempre più ampi come territorio e popolazione. Dalle orde, dalle tribù alle genti fino alle attuali grandi nazioni il cammino è stato lungo e molto spesso anche sanguinoso ma l’umanità ha raggiunto necessariamente, e non poteva essere diversamente, questo stadio. Il tratto essenziale dell’attuale epoca storica è l’esistenza delle nazioni e quindi delle lingue nazionali. In alcune parti del mondo, ad esempio in Europa e America, questo processo è finito da tempo. In altre, come in Asia e Africa, le nazioni e le lingue nazionali si stanno appena formando.

  Sarebbe tuttavia un grave errore pensare che la nazione sia la sola forma in cui viviamo. Ognuno di noi sente fortemente l’appartenenza ad un luogo intimo, a quella piccola parte del globo che ci ha dato i natali, in cui abbiam o mosso i primi passi, in cui abbiamo balbettato le prime parole e questa appartenenza è ancora più sentimentale dell’appartenenza alla nazione. Infine, gli spiriti più lungimiranti capiscono, o almeno intuiscono , che il cammino della storio non finisce con la formazione delle nazioni. Sempre più in una o altra forma si sente l’esigenza di entità sociali o politiche più grandi che alla fine si fonderanno nell’umanità unita. In tal modo nei tratti più generali la natura sociale umana presenta oggi tre aspetti principali corrispondenti ai tre piani principali di convivenza: regione, nazione, umanità. Ai primi due aspetti corrispondono due diverse lingue: il dialetto locale e la lingua letteraria nazionale. Al terzo aspetto può corrispondere soltanto una lingua neutrale, supernazionale, universale. E quanto più questo terzo aspetto, per la normale evoluzione dell’umanità, che con la logica ferrea delle leggi sociali va verso la sua unità, quanto più questo terzo aspetto si manifesterà, tanto più vasto sarà l’uso della lingua internazionale. Questa è la seconda constatazione.

  Se le due considerazioni, quella del carattere dell’esperanto e quella dei tre aspetti della natura sociale umana, sono giuste, e io sono certo che lo sono, non soltanto provano con assoluta certezza scientifica la giustezza del mio punto di vista circa il ruolo della lingua internazionale nel futuro e il futuro non solo mostra in modo più che evidente che tutto il nostro lavoro si trova in linea con l’evoluzione generale dell’umanità ma nel contempo indicano chiaramente la via verso il futuro.

  Sarà necessario sviluppare maggiormente le più varie attività culturali non solo nella sfera della letteratura, delle scienze, della stampa, radio ed altri rami della vita culturale ma anche dedicare molta maggiore attenzione al lavoro culturale di tutte le nostre organizzazioni, dal più piccolo gruppo locale fino agli organi superiori del movimento. Arricchendosi per sempre di un abbondante contenuto culturale la lingua non solo rappresenterà per tutti noi un tesoro culturale molto più importante ma diventerà anche un po’ alla volta un faro di attrazione nel profondo crepuscolo in cui è penetrata l’invecchiata cultura espressa in forme puramente nazionali. Oscurità da cui non trova uscita.

  Finora ci siamo adoperati con la forza dell’argomento ma contro di noi c’è stato l’argomento della forza. Rafforziamo l’argomento ma raggiungiamo presto anche la forza dell’unità, la forza dei numeri nelle nostre organizzazioni, la forza di un appoggio vasto fuori delle nostre fila e poi facciamo sventolare fieramente in largo e in alto, molto alto sul mondo quel nostro stendardo verde della speranza, l’unico immacolato di sangue umano perché intorno ad esso si raccolgano tutte le forze che non solo dicono ma sentono profondamente che gli uomini sono anzi tutto uomini, che il globo terrestre può essere una casa comoda, bella per tutte le razze, per tutte le nazioni, per tutti noi.  

  

Tr.gb