Importante, significativo successo per il convegno tenuto a Venafro sul tema “Globalizzazione e identità: dal dialetto all’esperanto” e della rappresentazione teatrale che è seguita, “Doktoro Esperanto”, liberamente tratto dal libro “Una voce per il mondo” del compianto scrittore abruzzese Vitaliano Lamberti. Un monologo del bravissimo attore romano Mario Migliucci, che è anche autore del testo, il quale è riuscito a catalizzare l’attenzione e a tratti a commuovere il folto pubblico presente. Qualche assaggio lo si può trovare in Internet, cercando Migliucci su un motore di ricerca.
Di notevole interesse il convegno. Si è aperto con i saluti del Sindaco di Venafro Nicandro Cotugno, dell’Assessore Adriano Iannacone e del Presidente dell’Auser – che ospitava el manifestazioni – Nicandro Silvestri. Successivamente ha fatto il suo intervento Amerigo Iannacone, Presidente del Gruppo esperantista “Tri Steloj”. Nel corso dell’ampia disquisizione ha detto tra l’altro: «Tutte le identità vanno difese e vanno difese tutte le lingue, tutti i dialetti, tutte le parlate. E la soluzione c’è. Possiamo dire che ci dovrebbero essere tre livelli, o, se preferite, tre gradini. Mi spiego con un esempio. Qual è il primo gradino? Io, quando sono al mio paese con i miei compaesani posso parlare il mio dialetto, un abitante di Palermo, quando si trova con i suoi concittadini, può parlare il dialetto palermitano, un sardo quando si trova con i suoi corregionali può parlare il sardo. Questo è il primo gradino. Ma se ci incontriamo io, il palermitano e il sardo, abbiamo un codice linguistico comune che ci consente di comunicare, cioè l’italiano. E questo è il secondo gradino. Poi, possiamo aggiungere che io con gli italiani parlo italiano, un olandese con i suoi connazionali parla olandese, un cinese con i suoi connazionali parla cinese. Ma se ci incontriamo io, l’olandese e il cinese, dovremmo avere un codice linguistico comune. Questo dovrebbe essere l’esperanto. Quindi il terzo gradino».
Davvero interessante intervento del critico d’arte e sociologo napoletano Maurizio Vitiello, che ha proposto, tra l’altro di allestire una mostra d’arte al castello e ha invitato l’Amministrazione comunale a realizzare una guida di Venafro bilingue, italiano ed esperanto, idea che è stata accolta dal sindaco e dall’assessore.
Molto apprezzato l’interveto di Ranieri Clerici, membro del direttivo della FEI, Federazione Esperantista Italiana, venuto da Roma, che ha fatto capire a tutti che cos’è esattamente l’esperanto e che cosa si propone il movimento esperantista. Vale a dire, prima di tutto la difesa delle lingue (e anche delle “lingue dialettali”) e fornire a tutti il mezzo ideale per superare le barriere linguistiche.
Un interessante testo, anche un po’ provocatorio, inviato dallo scrittore di Carrara Enrico Marco Cipollini, dal titolo “Non ci resta che piangere?” è stato letto da Luisa Impinto: «... Il dialetto è piú vicino alla nostra quotidianità, ci mette in contatto diretto con le nostre usanze, con le nostre tradizioni, con i nostri costumi grazie alla sua vividezza e alla località meno estesa. Il dialetto o, ancor meglio, i dialetti riflettono il linguaggio della spontaneità, della genuina predisposizione umana a esser sé medesimi… sono tradizione tramandata e vissuta dell’uomo che rimanda alla sua radice originaria. Riflette con le sue espressioni informali, colorite, vivide la nostra immediatezza, il nostro vissuto e quindi si sottrae alla pura e mera astrazione e mercificazione, per cui necessita, per essere compreso, anche di un preciso contesto-storico-sociale e culturale...».
È seguito un interessante dibattito, con domande venute dal pubblico – un pubblico attento e partecipe – e risposte precise ed esaurienti da parte dei relatori.