Il 21 febbraio di ogni anno viene celebrata la Giornata della Lingua Materna, istituita nel 1999 dall'Unesco nella XXIX Sessione della Conferenza generale. La data ha un valore fortemente simbolico e ricorda le proteste scoppiate proprio in quel giorno del 1952 a sostegno della lingua bengalese. Il “Comitato dell'Assemblea Costituente del Pakistan”, infatti, aveva annunciato che l'urdu sarebbe stata la sola lingua di  Stato del Pakistan orientale (l'attuale Bangladesh).

Tanti fattori concorrono alla 'morte' di una lingua. La nascita di stereotipi, la perdita di prestigio della stessa nell'uso quotidiano e la ghettizzazione quindi in taluni ambiti (come quello della campagna) ne sono alcuni esempi, come anche la scomparsa della comunità stessa (si pensi alle piccole tribù). Medesimi effetti possono avere la presenza o 'imposizione di un'altra lingua dominante, come è successo negli Stati soggetti a dominazione coloniale.

La Giornata è quindi uno strumento di salvaguardia del Patrimonio inguistico culturale dell’umanità ma anche un forte impulso a sviluppare una più profonda consapevolezza delle diversità culturali nel mondo, messe in pericolo dalla globalizzazione. Un altro aspetto fondamentale da sottolineare è quello politico-economico, perché l'esistenza di una o più lingue dominanti determina anche un ordine gerarchico tra le diverse popolazioni.

La Federazione Esperantista Italiana partecipa alla Giornata e invita quindi i soggetti pubblici e privati a una maggiore coscienza dei problemi della comunicazione. Il diritto di esprimersi nella propria lingua è fondamentale garanzia di libertà e uguaglianza degli uomini. Circa 125 anni fa il polacco Zamenhof partiva proprio da questi presupposti creando l'Esperanto, una 'base neutrale' su cui far incontrare i popoli.

Questo principio, alla base del movimento esperantista, ha assunto un significato ancora più forte quando si è  sviluppato gradualmente l'interesse verso quelle comunità la cui cultura è messa in pericolo dal colonialismo e dalla globalizzazione. Le Nazioni Unite nel 2006 hanno approvato durante la 61esima sessione dell'Assemblea generale una ichiarazione sui popoli indigeni, in cui si sostiene che essi "hanno il diritto di rivitalizzare, usare, far evolvere e trasmettere alle future enerazioni le proprie storie, lingue, tradizioni orali, filosofie, sistemi di scrittura e letterature [...]" (art. 13).  Già un anno prima, el 2005, era nato il progetto "Indiĝenaj dialogoj" (ora: "Indiĝenaj popoloj") per l'insegnamento dell'esperanto ad alcune comunità di Siberia, Africa, India e Sud America con il fine di metterle direttamente in contatto tra loro.
 
Zamenhof, pubblicando per la prima volta i suoi scritti a Varsavia nel 1887, probabilmente non aveva in mente queste comunità quali prime destinatarie del suo progetto inguistico diventato poi lingua viva. Ciò, tuttavia, non sminuisce il alore della sua intuizione multietnica, ovvero consegnare all'umanità uno strumento di comunicazione 'solidale',  come si direbbe oggi, per permettere a tutti di dire la propria.