Il segretario per le politiche comunitarie britanniche, Eric Pickles, ha inaugurato una nuova linea politica di discriminazione linguistica, intimando i consigli di interrompere i servizi di traduzione in lingue diverse dall’inglese di opuscoli, manifesti e altro materiale informativo. Nonostante sia inequivocabile che tale decisione produca serissimi danni ad una consistente fetta della popolazione (si stima che il 5% delle famiglie britanniche non usi l’inglese come prima lingua), la motivazione invocata concerne la necessità di procedere ad una maggiore integrazione proprio attraverso la lingua e la necessità di tagliare i costi della politica multilinguistica, giudicati insopportabili (140 milioni di sterline all’anno, stima che però include tutte le spese per servizi di traduzione, operati dall’insieme degli organi del servizio pubblico britannico).
Giorgio Pagano, Segretario dell’Associazione Radicale Esperanto, si esprime così al riguardo: «In un paese abituato a sfruttare imperialisticamente il mondo intero dietro la maschera dell’avanzamento democratico e della libertà, è giudicato assurdo spendere una cifra modestissima per garantire i diritti linguistici della persona in modo sostanziale e non solo formale. Naturalmente però non ha nulla da obiettare sul fatto che l’Unione Europea spenda ben 350 miliardi di euro all’anno per costringere i suoi abitanti a imparare l’inglese. Soldi che vanno a rimpinguare le casse d’oltre Manica, dove non si spende invece nulla per l’insegnamento delle lingue straniere. Non solo, contemporaneamente l’Inghilterra fa in modo di boicottare il vertice sul bilancio europeo pluriennale, con l’appoggio strisciante dei “falchi” nordici. Ciò si traduce in 150 miliardi di euro annui di bilancio europeo, contro i costi dell’inglesizzazione che ammontano già a ben due volte e mezzo e sono in continua lievitazione. In tutto ciò la macchina del collaborazionismo anglofono funziona egregiamente. L’Italia è un caso esemplare in cui la stessa classe dirigente lavora per distruggere la propria lingua e la propria cultura, come mostra il caso del Politecnico di Milano, che non erogherà più nemmeno un corso di laurea magistrale in lingua italiana a partire dal 2014, ma solo in lingua inglese. Esempio che il ministro Francesco Profumo ha tentato con un avvio molto promettente di estendere a tutto il panorama universitario italiano.
Lo diceva già chiaramente Churchill: il modo migliore di dominare il mondo è fare in modo che esso parli l'inglese. La sua adozione, sempre più prossima a diventare lingua ufficiale dell’Unione, nonostante il Regno Unito cospiri da decenni contro l'Europa e la sua indipendenza, e nonostante non faccia parte dell'eurozona e forse in un futuro prossimo nemmeno dell'UE stessa, è un atto di forza, un attentato alla libertà del processo democratico europeo e insieme la coltellata finale che rischia di far saltare l’intero progetto di indipendenza europea e la possibilità per mezzo miliardo di eurocittadini di avere un futuro di prosperità economica e di libertà».