Il 21 febbraio di ogni anno si celebra la Giornata della Lingua Materna, istituita nel 1999 dall'Unesco nell'anniversario delle proteste scoppiate nel 1952 a sostegno del bengalese. Il “Comitato dell'Assemblea Costituente del Pakistan”, infatti, aveva annunciato l'ufficialità del solo urdu nel Pakistan orientale (l'attuale Bangladesh) a sfavore della lingua parlata della maggior parte della popolazione.

Ogni individuo è portatore di diritti inalienabili, tra cui quelli linguistici. Questi, tuttavia, sono spesso violati anche vicino a noi. Il mondo, attraverso la resistenza e la liberazione di Kobane, ha preso per esempio della questione curda, il popolo a cui sono negati la patria, divisa da una molteplicità di Stati, e l'uso della propria lingua madre in pubblico.

Non necessariamente dobbiamo spostarci in altri continenti per trovare esempi di politiche discriminatorie. E' sufficiente rimanere nei nostri confini: l'italianizzazione forzata delle "minoranze", come ad esempio nell'Alto Adige/Sudtirol oppure nell'Istria e nella Dalmazia. Queste politiche, violando i diritti dell'uomo, creano tra le comunità solchi profondi e difficili da colmare.

Ciascuno di noi è partecipe attraverso la vita politica e sociale di una comunità: negli ultimi decenni si parla molto di integrazione, inclusione contrapposti all'esclusione ed all'apartheid. La lingua può includere o escludere ma è sbagliato considerare la diversità come un ostacolo alla comunicazione. La Federazione Esperantista Italiana (http://www.esperanto.it) considera, invece, tale diversità linguistica come una fonte costante e irrinunciabile di ricchezza.

La chiave di tutto è il rispetto, uno dei principi fondamentali del movimento esperantista. Come spiega il Manifesto di Praga, "la disparità di potere fra le lingue è alla base di una continua insicurezza linguistica o di una diretta oppressione linguistica per grande parte della popolazione mondiale. Nella comunità esperantista gli appartenenti a lingue maggiori e minori, ufficiali e non ufficiali, s'incontrano su un terreno neutrale, grazie alla volontà reciproca di realizzare un compromesso. Tale equilibrio tra diritti linguistici e responsabilità crea un precedente utile a sviluppare e valutare altre soluzioni per la diseguaglianza linguistica e per i conflitti generati dalle lingue."

Il terreno neutrale di cui parla il Manifesto di Praga è l'esperanto, la lingua che da oltre un secolo rappresenta un esempio di efficace comunicazione e rispetto interculturale, forte anche di due risoluzioni Unesco (Montevideo 1954, Sofia 1985).