Presentazione di Renato Corsetti, professore di psicopedagogia del linguaggio e della comunicazione presso l’Università La Sapienza di Roma
L'articolo di Marinella Lorinczi e' degno di essere letto anche perche'
l'autrice, valente linguista ormai organicamente inserita nell'universita'
italiana, non puo' non apportare, accanto agli esempi di situazioni
linguistiche nostre, che bene o male tutti conosciamo, molti esempi della
"sua" Europa centro-sud-orientale, che solo gli specialisti di quelle
lingue conoscono.
Un altro merito dell'articolo e' che l'autrice ha percorso vari sentieri di
ricerca per trovare quello che altri propongono per la soluzione del
problema del plurilinguismo in Europa o, almeno, nella Unione Europea, che
presto, comunque, non lascera' lembo di Europa, e forse anche oltre, non
inserito nell'Unione.
Tanti hanno provato a presentare una soluzione vitale e tuttora provano.
Sono tutti, a parere di chi scrive, ugualmente degni di lode, in quanto
quasi tutti provano a mettere in piedi delle soluzioni che rispettino
almeno in parte degli equilibri tra popoli e lingue. Alcuni vogliono
impiegare il latino in funzione paneuropea, quella funzione che ebbe nel
medioevo. Altri vogliono usare l'esperanto per la stessa funzione. In
fondo sempre latino e' a livello lessicale, ma e' molto piu' facile da
imparare ed usare. Alti ancora pensano a situazioni di multilinguismo
diffuso, in cui ci siano parecchie lingue che il cittadino europeo deve
sapere ed utilizzare a seconda dei contesti.
Tuttavia sembra che momentaneamente la partita la stiano vincendo quelli
che appena partecipano al dibattito: i fautori dell'inglese, lingua
imperiale unica. In effetti gli imperialisti (gli americani e gli inglesi,
che lo sono per antonomasia) in questo caso non debbono fare proprio
niente, ne' mandare cannoniere, perche' in tutta l'Europa hanno schiere di
"ascari" locali, che si sgolano a cantare le lodi del vincitore e la
belleza dell'essere colonizzati.
La cosa in realta' e' un po' piu' complicata e questa complessita' sfugge
agli amanti dell'efficienza, che sono disposti a vendersi anima e cultura,
pur di partecipare a qualcuno dei vantaggi materiali, che immaginano
possano arrivare quando saremo tutti uguali e sara' scomparsa la "Vispa
Teresa" a favore di "London bridge is falling down". Che la cosa sia piu'
complessa ce lo dicono ormai tutti coloro che paventano una catastrofe
eco-culturale, cioe' la perdita di tutte le culture e di tutte le lingue a
vantaggio di una sola, con le conseguenze che il pensiero unico
diventerebbe ancora piu' unico e, quindi, saremmo nella stessa situazione
alla quale ci avviamo nel campo delle piante: non piu' 100 varieta' di
grano ma una sola e per giunta transgenica e brevettata. Non lo dicono
alcuni orginali, lo dicono i ricercatori che lavorano per l'Unesco.
Non si puo' certo pretendere da Marinella Lorinczi di risolvere il problema
del plurilisnguismo in Europa in un articolo, ma certo lo imposta bene.