Giuseppe CastelliNella rubrica "Pubblico & Privato" che tiene sul Corriere della Sera, Francesco Alberoni propone di affrettarsi a rendere molto piu´ intenso ed efficiente l´insegnamento dell´inglese in tutte le scuole, perche´ l´inglese e´ indispensabile per fare carriera, per usare internet, per operare nella "new economy", e perche´ l´inglese "e´ la lingua dell´Unione Europea" (9 luglio 2001). Si puo´ obiettare che sulla rete, per fortuna, sta aumentantando sempre di piu´ l´uso di tutte le lingue; e che nell´Unione Europea le undici lingue ufficiali hanno pari dignita´, almeno in teoria. Ma soprattutto viene spontaneo citare le riflessioni dello stesso Alberoni, che nella stessa rubrica, il 13 dicembre 1999, scriveva: "In questa fase della globalizzazione, la potenza dominante è tale che alcuni popoli, come l´italiano, perdono la fiducia nella propria lingua. Non fanno più lo sforzo di creare e di conservare." "Una lingua non è solo un insieme di parole o una grammatica. E´ un insieme di modi di vivere, di sentire, di pensare, di concepire le relazioni fra le persone, i rapporti giuridici, economici, sociali, i sogni, i progetti di vita, il bene ed il male. I valori." "Chi perde la propria lingua perde la propria anima. Nel mondo della globalizzazione, che schiaccia e annulla ogni differenza, i popoli più piccoli, anche se ricchi di storia e di cultura, rischiano di venir sommersi, cancellati per sempre. La difesa della lingua, il suo uso e la sua continua creazione, sono perciò indispensabili per continuare ad esistere." Come evitare che la globalizzazione (o, per chi non ama gli eufemismi, l´americanizzazione) spazzi via tutte le lingue e le culture oggi esistenti? Si puo´ realisticamente fare degli italiani un popolo bilingue (italiano/inglese), quando cosi´ pochi di noi sanno usare bene anche una lingua sola? E anche ammesso di riuscirci, e´ giusto costringere gli italiani a investire tempo e fatica nello studio di una lingua straniera, mentre i britannici o gli irlandesi possono restare monolingui e impiegare le loro energie in altri modi? Se l´Unione Europea nascesse con questi presupposti ("certi europei sono più uguali degli altri..."), ci sarebbe poco da stare allegri. Sarebbe meglio usare una lingua internazionale neutrale, che non privilegiasse nessun popolo. Una specie di esperanto. Anzi, proprio l´esperanto. L´esperanto e´ una lingua bellissima, relativamente facile e neutrale. La parla una comunita´ internazionale, piccola, ma interessante. Un gruppo sparso per il mondo, che la adopera negli ambiti piu´ vari: scienza, letteratura, musica, giornalismo, internet. E anche nel turismo e nella vita familiare. Non molti intellettuali studiano seriamente il fenomeno esperanto; ma quelli che lo hanno fatto, come il sociolinguista Robert Phillipson o il semiologo Umberto Eco, sono rimasti impressionati. Imparare l´esperanto e´ un´avventura intellettuale entusiasmante. Leggere la sua letteratura allarga gli orizzonti. Parlarlo con persone di altri paesi e´ un´esperienza cosi´ particolare, che non cerchero´ di descriverla. Sarebbe bene se anche le istituzioni internazionali - per esempio l´Unione Europea - si chiedessero se l´esperanto puo´ fare al caso loro. Altrimenti, pazienza. Ma qualcosa bisognera´ fare. Giuseppe Castelli