L’aumento dei paesi aderenti all’Unione Europea mette in evidenza le difficoltà di comunicazione fra i diversi popoli. È stato relativamente facile in teoria (quanto lo sia poi in pratica lo vedremo col 1° gennaio 2002) introdurre una moneta unica, che pure non è accettata in alcuni degli stati membri di oggi; eppure anche questa decisione neutrale ha provocato gelosie per la scelta dei soggetti che compariranno su monete e banconote, fino a giungere ad una soluzione “politicamente corretta”, ma che cancella richiami espliciti alle tradizioni culturali europee. Quanto più difficile è trovare un punto di incontro sul piano linguistico, ancora più sensibile ai valori tradizionali!

Le soluzioni proposte nel corso del tempo per raggiungere questo punto di incontro sono diverse, perché in realtà si prefiggono obiettivi diversi. Vale la pena di chiarire quali sono questi obiettivi, e quali sono gli effetti collaterali che possono essere loro associati; a partire da questa analisi, necessariamente un po’ schematica, ognuno potrà formarsi un’opinione sulla soluzione più rispondente all’obiettivo da lui ritenuto prioritario, sugli effetti collaterali che è disposto ad accettare, ed eventualmente sugli strumenti a disposizione per tenere sotto controllo gli effetti ritenuti indesiderabili.


Partiamo dall’assunto (generalmente accettato) che una lingua è la combinazione di (1) un codice di comunicazione, e di (2) una tradizione, che è parte del patrimonio culturale che si trasmette alla comunità di coloro che la parlano: la lingua diventa anche (3) un elemento (forse il più importante, certamente il più visibile) di identificazione della comunità stessa. Quindi i “parlanti” di una lingua sono o “utilizzatori di (una lingua come) un codice di comunicazione”, o “membri di una comunità (linguistica)”. Questi membri non sono necessariamente “di madrelingua”: possono essere entrati nella comunità per le scuole frequentate, per immigrazione, per scelte culturali o politiche ecc.; analogamente molti sono contemporaneamente membri di più comunità linguistiche (dialettale e nazionale, della madrepatria e della zona di residenza ecc.).


Detto questo, che obiettivo ci proponiamo per l’Europa, e quale soluzione è coerente con l’obiettivo?

Opzione 1: Mantenere le comunità linguistiche esistenti, senza pretendere di formarne una nuova. Soluzione corrispondente: Adozione di un codice di comunicazione puro e semplice, che può essere una qualsiasi fra le lingue esistenti. È la soluzione scelta da molti congressi internazionali che non possono permettersi servizi di traduzione simultanea. Effetto collaterale a breve termine: Asimmetria fra gli “utilizzatori” del codice e i membri della comunità “privilegiata” per cui quel codice è anche “la” lingua; basta partecipare ad uno dei congressi di cui sopra per rendersi conto direttamente della differenza fra chi è in grado di utilizzare battute, riferimenti, citazioni, e chi non solo non è in grado di farlo, ma molto spesso neanche di capirne il senso. Effetto collaterale a lungo termine: Questa opzione rischia di essere instabile, e di portare ad un allargamento strisciante della comunità “privilegiata”, e in conclusione all’opzione 2 senza che questa sia stata voluta né pianificata. Soluzione alternativa: Adozione parallela e contemporanea di più codici. Effetti collaterali: gli stessi di sopra con l’aggravante di un maggior costo, e a lungo termine la probabile instabilità con la riduzione strisciante dei codici a uno solo.

Opzione 2: Fondare una comunità linguistica europea con patrimonio culturale comune che con l’andar del tempo costituisca un chiaro strumento di identificazione, che si sovrapponga a quelle esistenti e le faccia gradualmente scomparire. Soluzione corrispondente: Insegnamento generalizzato e documentazione ufficiale in una sola lingua. È la soluzione scelta per la formazione delle lingue nazionali, con inglobamento delle comunità regionali e boicottaggio dei loro dialetti. Effetto collaterale a breve termine: Asimmetria fra i membri attuali della comunità destinata ad assorbire le altre e i nuovi aderenti. Effetto collaterale a lungo termine: Perdita della maggior parte delle tradizioni culturali delle comunità assorbite, in quanto la probabilità che possano contribuire a formare il patrimonio culturale della comunità europea allargata è esigua.

Opzione 3: Fondare una comunità linguistica europea con patrimonio culturale comune e chiara identificazione, ma senza che le comunità esistenti scompaiano: i loro membri aderiranno anche ad una nuova comunità europea fondata su una lingua comune. Soluzione corrispondente: Insegnamento generalizzato della stessa lingua in aggiunta a quelle proprie delle comunità; documentazione a validità europea con testo ufficiale in una sola lingua. Effetto collaterale: Conflitto fra la tradizione culturale della lingua scelta e la nuova tradizione europea da fondare sulla stessa lingua.

Sul piano individuale la scelta di un’opzione è un fatto squisitamente culturale; da parte dei governi e della Commissione Europea, decidere di indirizzare (o anche di non indirizzare) questa scelta è un fatto politico.

Nel caso dell’opzione 3, il possibile conflitto indicato come effetto collaterale sarebbe ridotto in maniera sostanziale se la lingua prescelta fosse l’esperanto. La maggior parte delle persone chiamano l’esperanto una lingua “artificiale”, in contrapposizione con le altre “naturali”; gli esperantisti affermano che si tratta di una lingua “pianificata”, mentre le altre sono “etniche”. La mia definizione è: l’esperanto è una lingua “elettiva”, cioè la maggior parte degli esperantisti lo sono diventati per libera scelta; le altre lingue sono “ereditarie”, in quanto la maggior parte dei membri delle relative comunità linguistiche sono diventati tali per nascita. Proprio per la sua qualità di lingua “elettiva”, i valori culturali associati all’esperanto, e trasmessi via via ai nuovi aderenti, includono l’appartenenza contemporanea ad almeno un’altra comunità linguistica (e questo vale anche per gli “esperantisti dalla nascita”). Di conseguenza, la tradizione basata sull’esperanto non si propone di sovrapporsi alle altre tradizioni linguistiche, anzi piuttosto di diffonderne la conoscenza, e di aggiungervi qualcosa di nuovo e complementare.