Nel 1930, in mezzo ai romanzi sulle traversie in Siberia, Bághy pubblica Hura (”Urrà!”), definito in copertina “non un romanzo, uno sberleffo”, e nella postfazione “un tessuto di dolori senza lacrime e di piaceri senza risa” e “una storia di fantasia” per “l’uomo materialista di oggi, troppo vile per riflettere e troppo debole per credere”. La storia è paradossale: un riccone lascia in eredità una grossa somma alla sua città nel paese immaginario di Bagonia, perché nello zoo venga eretto un monumento che dimostri la sua teoria, che non esiste una differenza di principio fra l’uomo e la bestia; se questa condizione non sarà rispettata, l’eredità sarà ripartita fra le prostitute cittadine. Segue un viavai di personaggi comici, con nomi burleschi: sindaco, aristocratici, borghesi, burocrati, rivoluzionari, signorine da marito: tutti cercano di ritagliarsi una frazione del malloppo. Anni di sperimentazione porteranno alla creazione di una razza di uomini-bestia, ci saranno rivoluzioni, imbrogli, inganni. Malgrado tutto, la conclusione è ottimista: le nuove generazioni, uscite da un periodo di crisi del capitalismo (non dimentichiamo che siamo negli anni Trenta) , si dedicheranno alla creazione dell’“uomo nuovo”, a cui l’autore dedica il suo “urrà!”. L’opera è stata pubblicata in tedesco nel 1933.
Un romanzo minore della stesso autore è Printempo en la aŭtuno(“Primavera d’autunno”), del 1933, storia romantica dell’amore fra due giovani di classi diverse. Caso singolare, questo romanzo è uscito in ungherese prima che in esperanto, e nel 1961 ne uscirà una traduzione in francese. Ritroveremo i due protagonisti, con i nomi evocativi di Adamo ed Evo, in un’opera successiva di molto maggior impegno, che prenderemo in esame a tempo debito.