Sognando sotto il melo è una commedia lirica in tre atti e sei quadri, scritta in versi dall'attore, scrittore, romanziere e poeta esperantista ungherese, Julio (Gyula) Bahy (1891-1967), che è stato uno dei protagonisti della letteratura esperantista del ventesimo secolo. Dopo aver debuttato come poeta, nel 1922, con la sua prima raccolta di poesie Oltre la vita (Preter la vivo), e successivamente aver contribuito con romanzi divenuti i classici della letteratura originale in Esperanto, nel 1956 Baghy compone, a tarda età, questo dramma in versi sull'amore della coppia immortale Adamo ed Eva. A 65 anni, non più in buona salute, esule a Varsavia mentre nella sua città di Budapest infuria la rivolta del popolo ungherese contro i carri armati sovietici, nel 1956 il poeta, per esorcizzare, come lui dice, i demoni dell'angoscia per il suo popolo ed i suoi cari sofferenti in patria, compone un inno all'amore eterno fra uomo e donna. Nasce così il dramma in versi Sognando sotto il melo, pubblicato nel 1958 presso l'Editore J. Régulo, La Laguna, Isole Canarie.
L'opera trae la sua origine dalla precedente novella dello stesso autore, Primavera d'autunno: si tratta del Melo, il paradisiaco albero, simbolo della vita eterna, che dà alla giovane coppia Adamo ed Eva il frutto della loro eterna giovinezza. E' un sogno che si dipana attraverso tre atti e sei quadri, con spunti ed intrecci fantasiosi e fantastici, che raccontano la storia millenaria dell'uomo e del legame amoroso di coppia.
Dal Primo Quadro, nel Primo Atto, inizia lo svolgersi dell'innamoramento e del corteggiamento fra i due giovani, lo studente Adamo e la nipote del vecchio boscaiolo, Eva, innamoramento che li conduce nel sogno dell'eterna giovinezza. Il sogno è gran parte dell'opera, ed intreccia personaggi vari, fra cui figure fiabesche ed omuncoli generati da future evoluzioni del genere umano: l'umanità futura fatta di tecnocrati. Il tutto viene "visto" nel sogno, ma non partecipato, dalla giovane coppia, che mangiando il frutto del melo ha acquisto l'immortalità e l'eterna giovinezza. Ciò li fa spettatori dell'estinguersi della vita sulla terra, attraverso i millenni. Tuttavia l'amore della sempre giovane coppia ricorda e richiama costantemente l'ineluttabile valore della vita e il rinnovarsi della creazione. Lo scheletro, emblema della Morte, spesso appare ed ammonisce che tutto soccombe, ma la Vita grida dalla voce dei due protagonisti che
Komenco, fino ĉiam nur alternas, L'inizio e fine sempre qui s'alterna,
ne estas Morto, sole Viv' eternas. Morte non v'è, soltanto Vita eterna.
Il temo del dramma è, possiamo dirlo, scarno e forse monotono: l'amore di coppia. Tuttavia il suo rappresentarsi attraverso l'endecasillabo sonoro, dolce e cristallino, o il settenario ritmico e martellante della poesia di Baghy lo rende un vero gioiello di poeticità e capacità evocativa, vibrante ed intenso nel linguaggio teatrale. Non mai un verso che zoppichi, un rima che non sia fresca ed innovativa, un 'espressione che non abbia una sua coloritura che ne sottolinei l'incisività espressiva.
Di quest'opera, Baldur Ragnarsson, in una sua recensione del tempo, scrive: "...La forma dell'opera è il senso della sua stessa tematica, come in ogni buon dramma. Questo immagina, rispecchia, rende visibile, esso parla alla vista, il senso più acuto della giovinezza. Insomma l'opera è una splendida armonia, una perfetta simbiosi fra forma e scopo, senza quella carnale compattezza che denota la moderna poesia...." Una poesia classica, da cui futuri poeti esperantofoni molto hanno da imparare: la chiarezza e sonorità del verso, la maestria nel trasmettere sensazioni vivide che fanno vibrare ogni cuore che sogni l'amore:
Korlula sonĝo, forŝvebanta revo, Il cuor cullante un sogno che s'invola,
kiel super la mar' fluganta mevo. come gabbiano che sul mare vola.
Ĉu tera anĝelin', fein' ĉiela, Sei tu in terra un angelo, del cielo
ĉu sorĉe korpiĝinta penso bela? fatato corpo d'un pensier sincero?
Kio vi estas , Eva? Ĉu pro graco Cosa sei, Eva? Forse a grazia un dono
al orfo didonita vivdonaco? divino sei, all'orfano che sono?
Ah, Eva, en la mond' plej kara por mi, Ah, Eva, che al mondo io più amo,
ni estas destinitaj paron formi; ...... destinati a far coppia sempre siamo;...