| L’Ue presenta una proposta di regime linguistico per il brevetto europeo unico che non risolve il problema. |
Il Commissario per il mercato interno e i servizi dell’Unione europea, Michel Barnier, ha pubblicato oggi su La Stampa un lungo editoriale in cui cerca di convincere gli italiani della bontà e della ragionevolezza del brevetto unico europeo in tre lingue. Bernier scrive che “La decisione di lavorare sulla base di tre lingue risponde unicamente a criteri di ordine economico e amministrativo” e che “la protezione unitaria dei brevetti non introduce alcuna discriminazione”.
Non è affatto così. Il trilinguismo non corrisponde affatto a un criterio economico o amministrativo, ma agli interessi dei paesi dove si parlano quelle lingue. L’ufficio europeo dei Marchi e Disegni Industriali di Alicante lavora in cinque lingue (compresi lo spagnolo e l’italiano) e questo non ha causato problemi di natura economica o amministrativa. La presunta “economicità” del brevetto trilingue è quindi un bluff.
Il regime trilingue è discriminatorio. L’ottenimento di un brevetto in francese, tedesco e inglese costerebbe in media almeno il 28% in più a una piccola o media impresa italiana rispetto a una sua concorrete austriaca, irlandese o francese. Le imprese italiane potranno sì presentare domanda di brevetto in italiano, ma dovranno presentare subito una traduzione in una delle tre lingue ufficiali. La traduzione automatica dei brevetti, affidata a Google, non è certo la soluzione perché ancora imperfetta e sprovvista di ogni valore legale.
Barnier abbandoni una proposta di regime linguistico screditata e discriminatoria, e si impegni a cercare una soluzione più equa e rispettosa della diversità linguistica. La compensazione delle spese di traduzione di cui scrive Barnier è parziale e non risolve il problema, perché il rimborso dovrebbe essere finanziato con specifici da contributi versati dagli stati le cui lingue sono privilegiate e non da tutti. La discriminazione, quindi, resta. Barnier pensi invece a un sistema di rotazione linguistico e/o l’utilizzo tecnico di una lingua neutra e non ufficiale come lingua ponte per le traduzioni.