L’Associazione Radicale Esperanto (ERA) guida nuovamente la petizione per l’eliminazione della dicitura straniera “Question  Time” nel parlamento italiano.
Com’è noto la fine di una legislatura comporta la decadenza di tutto il lavoro parlamentare in corso, ivi compreso l’esame delle petizioni, fatto che ne rende necessaria la ripresentazione. Per questo l'ERA ha deciso di riprendere la raccolta di firme su patriaeuropea.it
Di cosa si tratta esattamente? L’Assemblea parlamentare, a norma dell’art. 135-bis del Regolamento della Camera dei Deputati e dell’art. 151-bis del Regolamento del Senato, dedica periodicamente un’apposita fase dei propri lavori all’illustrazione di una serie di interrogazioni parlamentari già presentate, di solito riguardanti argomenti di particolare urgenza, e a cui viene data risposta in aula dall’organo esecutivo. 
Tale procedura può essere calendarizzata periodicamente nei lavori parlamentari, o decisa dalla conferenza dei capigruppo per particolari argomenti e prende oggi il nome inglese di “Question time”.
L’utilizzo di tale terminologia non italiana nel parlamento italiano rappresenta un’evidente stortura, in palese contraddizione con il ruolo delle Camere che devono rappresentare il popolo italiano, la sua lingua, la sua cultura.


L’uso della lingua italiana da parte delle Istituzioni nazionali merita particolare attenzione per almeno tre ordini di ragioni:
La prima ragione è quella di un riequilibrio con il riconoscimento delle minoranze linguistiche di cui all’art. 6 della Costituzione, anche se a livello di legislazione ordinaria è intervenuta la Legge 15 dicembre 1999, n. 482.
La seconda è suggerita dal fenomeno delle immigrazioni che da tempo interessa anche l’Italia. L’ufficialità dell’italiano, connessa all’aspetto della sua promozione e tutela in quanto fondamento culturale nazionale, consentirebbe di attuare politiche di integrazione, aiutando lo straniero a sentirsi pienamente parte della comunità nazionale.
La terza ragione è data dalla necessità di difendere con maggiore convinzione i diritti della lingua italiana nell’ambito dell’Unione Europea, sulla base di quanto stabilito dai Trattati e dai Regolamenti comunitari, visto l’andamento eufemisticamente poco corretto delle prassi delle istituzioni comunitarie, improntate in maniera esclusiva al trilinguismo anglo-franco-tedesco, come dimostra la recente questione del brevetto europeo, che lascia fuori Italia e Spagna in virtù di una cooperazione rafforzata miope e asservita alle lingue cosiddette “forti” in una guerra linguistica in cui vince il popolo che riesce a tagliare la lingua all’altro popolo.
Auspicando che le Camere si esprimano su tali questioni ed introducano nella Carta Fondamentale una disposizione che reciti “La Repubblica riconosce la lingua italiana come propria lingua ufficiale e fondamento culturale della Nazione”, esse dovrebbero quantomeno utilizzare delle buone pratiche, evitando l’utilizzo di termini stranieri.
Sulla base di tali considerazioni l'Associazione Radicale Esperanto e tutti i cittadini firmatari chiedono che i Presidenti di Camera e Senato attuino le procedure necessarie al fine di eliminare la dicitura inglese “Question time” e di sostituirla con analoga italiana quale, ad esempio, “Ora delle domande” come in Svizzera o, più propriamente, “Ora delle risposte” considerato che, nell’occasione, sono le risposte governative che vengono date alle richieste precedentemente presentate dai parlamentari.