(AGI) - Trieste, 3 ott. - Pensate a un nome o un verbo frequente nella nostra lingua. Provate a contare quante volte lo avete pronunciato nelle ultime due ore. Ora fate lo stesso con l'articolo "il". La lingua che parliamo non e' fatta solo di significati (nomi, verbi, aggettivi, per esempio) ma anche da tantissime parole che fanno da supporto a questi (articoli, preposizioni, ecc.) che sono ben piu' frequenti dei primi (dette parole funzionali, o funtori). Nonostante l'enorme variabilita' delle lingue conosciute, gli studiosi del linguaggio sono riusciti a divederle "con l'accetta" in due principali categorie: quelle in cui generalmente la parola funtore precede quella con significato - le lingue in cui il verbo precede l'oggetto (VO) - e viceversa (OV). Le osservazioni sperimentali hanno mostrato che la frequenza dei termini e' un indizio che aiuta a individuare a quale categoria una lingua appartiene e di conseguenza a 'sintonizzarsi' su di essa. La conoscenza della struttura della lingua aiuta l'individuo a segmentare il parlato (dividere il flusso linguistico in singole parole) e influenza la facilita'/difficolta' di apprendimento di una lingua. Questo effetto e' stato osservato nei bambini anche molto piccoli per alcune lingue come l'italiano e il giapponese. Ora un gruppo di neuroscienziati fra cui Jacques Mehler e Marina Nespor della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste ha esteso le osservazioni anche agli adulti, usando una rosa piu' ampia di lingue. (AGI)
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