Il 21 febbraio 1952 la polizia ha ucciso a fucilate, nell'Università di Dhaka (oggi capitale dell'odierno Bangladesh, allora città del Bengala Orientale) molti studenti scesi in piazza per il riconoscimento della loro lingua madre, il bengalese (bangla / bn / বাংলা ভাষা), che si voleva espellere dall'università a favore di una lingua "più grande", parlata dai potenti di allora.
Si tratta di un fatto che si ripete, in diverse forme, continuamente in tutto il mondo e attraverso tutta la storia, non solo in Asia, ma anche negli altri continenti, come in molti paesi europei e particolarmente nei continenti extraeuropei, verso le lingue indigene, le lingue degli antichi abitanti. In pratica, questo accade di solito per le spinte, gli obblighi o qualunque imposizione per l'uso di una lingua, ad esempio l'inglese, il francese ma non solo, da parte di una grande potenza economica, politica, militare o statale, per rafforzare la propria posizione nel mondo - a sfavore delle locali lingue materne.
Questo comporta, a poco a poco, la sparizione e la morte delle lingue e interi popoli perdono la loro grande ricchezza intellettuale - come avvertono anche molti linguisti e nel 2019 particolarmente anche l'ONU e l'UNESCO. Nel messaggio all'Associazione Universale dell'Esperanto nel 2018, Audrey Azoulay, direttore generale dell'UNESCO, ha detto: "Noi dobbiamo difendere le lingue, soprattutto le lingue rare, le lingue autoctone, che ora sappiamo estinguersi al ritmo di una ogni due settimane. Questa è una perdita irreparabile per il patrimonio dell'umanità. Dobbiamo difendere anche il plurilinguismo nell'istruzione con delle politiche pubbliche adeguate, ma anche nello spazio virtuale della Rete, affinché sopravviva la diversità linguistica e culturale di tutti i gruppi umani; perché ognuno possa studiare la propria storia, la propria identità, traendole dalle fonti simboliche della propria comunità d'origine".
Oltre all'ingiustizia sociale e ai problemi psicologici derivanti dalla perdita dell'utilizzo della propria lingua madre, è necessario essere consapevoli che le diversità biologiche e linguistiche sono indivisibili, interconnesse e dipendenti una dall'altra. Dalla perdita della diversità linguistica si ha la perdita dei saperi tradizionali, sostanzialmente necessari per mantenere la biodiversità e la vita.
Nel 2016 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che proclama l'anno 2019 Anno Internazionale delle Lingue Indigene, in base alle raccomandazioni del Forum Permanente per gli Affari Indigeni. Il Forum ha quindi comunicato che il 40 per cento delle 6.700 lingue parlate nel mondo è minacciato di estinzione. Il fatto che la maggior parte di queste lingue minacciate siano lingue indigene, mette in pericolo le culture e i sistemi di conoscenza in cui sono parlate.
Come si relaziona tutto questo con l'esperanto e la comunità esperantista? I valori centrali di questa giornata, la diversità e il diritto di ogni persona di parlare la propria lingua madre, sono gli stessi valori che difende il movimento mondiale per l'esperanto. Noi vogliamo che non sparisca alcuna lingua, che ogni lingua sopravviva, nel rispetto dei diritti linguistici di tutti, e che la giustizia linguistica governi l'inter-comunicazione. A questo scopo, da molti anni, anche l'Associazione Universale dell'Esperanto (UEA) e la sua sezione Federazione Esperantista Italiana festeggiano solennemente questa giornata, per sottolineare, tra l'altro, che la lingua internazionale esperanto non è un assassino di lingue, come sono le lingue delle grandi potenze economiche e militari.
L'esperanto è di fatto una protezione contro la sparizione delle lingue, come ha detto la signora Vigdís Finnbogadóttir (Presidente della Repubblica Islandese negli anni 1980-1996): "E' già tempo che le diverse nazioni comprendano che una lingua neutrale potrebbe diventare un vero baluardo per le loro culture contro l'influenza monopolistica di solo una o due lingue, come oggigiorno sempre più diventa evidente. Spero sinceramente che l'esperanto progedisca rapidamente per aiutare ogni nazione del mondo". Forse qualcuno ancora chiede: "Perché proprio l'esperanto?". Il motivo è semplice. Dietro l'esperanto non ci sono stati, interessi economici, sforzi imperialistici, né popoli il cui interesse sia la sparizione di altri popoli, delle loro lingue, o il raggiungimento dei loro mercati.