DISVASTIGO

www.disvastigo.it DIS337 21/12/07

L’italiano, lingua tassata ed estromessa dall’università

di Michele Gazzola*

Chi avrebbe mai potuto immaginare che un giorno gli studenti universitari sarebbero stati costretti a pagare una tassa sulla lingua italiana? Eppure oggi accade. Il Politecnico di Torino, infatti, dove sono attivi diversi corsi di laurea triennale parzialmente o interamente in lingua inglese, ha adottato una politica linguistica tale per cui chi si iscrive alle lauree in inglese non pagherà le tasse per il primo anno (1500 euro). Il che equivale a imporre un forte disincentivo a tutti quelli che vogliono iscriversi ai corsi di laurea in italiano, cioè nella propria lingua madre.

Ma non è tutto. Alcune lauree di primo livello tenute in lingua inglese sono state istituite sopprimendo e sostituendo le corrispondenti lauree in lingua italiana. La laurea in inglese in ingegneria tessile nella sede di Biella è stata creata sostituendo il precedente percorso di laurea in italiano. Nella sede di Vercelli, invece, i percorsi in ingegneria elettronica e informatica sono stati fusi in un unico percorso interamente ed esclusivamente in lingua inglese, tranne per il primo anno durante il quale è ammesso seguire i corsi in lingua italiana. È quindi necessario avanzare qualche riflessione.

L’articolo 3 della Costituzione recita che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, ecc. L’esperimento del Politecnico di Torino di introdurre un’ineguaglianza di trattamento fiscale a danno delle matricole italiane che scelgono i corsi nella loro lingua madre è quindi una discriminazione linguistica assolutamente ingiustificata.

In secondo luogo, la politica linguistica adottata dal Politecnico nelle sedi di Biella e Vercelli è un’anglificazione dei percorsi si studi che impoverisce la formazione. Mentre prima era possibile studiare in italiano affiancando anche lo studio dell’inglese tecnico, oggi si impone di studiare direttamente solo in inglese senza imparare il linguaggio specialistico in lingua italiana. Così si riduce la libertà di scelta e la diversità linguistica, che invece dovrebbero aumentare e non diminuire.

In terzo luogo, gli ingegneri italiani che studieranno solo in inglese non avranno poi le competenze tecniche in lingua italiana per comunicare, scrivere e farsi capire dai periti tecnici, dagli assessori e dagli operai extra-comunitari in Italia. Si tratta di una grave perdita di “capitale umano”, di uno scenario a dir poco paradossale, visto che la maggior parte dei laureati del Politecnico trova lavoro in Piemonte. Non solo, ma disincentivare o impedire lo studio in lingua italiana nuoce anche a coloro che aspirano a una carriera all’estero, visto che il mercato del lavoro europeo richiede sempre più insistentemente competenze in più lingue. Un laureato che ha studiato in italiano e conosce anche altre lingue (tra cui l’inglese) avrà più da offire di uno che invece che ha studiato solo in inglese.

Anche da un punto di vista della cultura in generale si tratta di una grave perdita. Dato che l’opera di disincentivo di fatto all’apprendimento in lingua italiana avviene fin dalle lauree triennali, i liceali che sceglieranno le lauree esclusivamente in inglese non avranno mai neppure un primo contatto con l’italiano scientifico. Se invece di permettere ai ragazzi di crescere studiando in due (o più) lingue si impone l’uso esclusivo dell’inglese, si inibisce il processo di maturazione intellettuale in lingua italiana. Se poi il processo di anglificazione dei corsi di laurea si generalizzasse, l’esito probabile a lungo andare potrebbe essere la recisione della trasmissione intergenerazionale del sapere scientifico in lingua italiana.

E infine, che ne è poi di quelli che vogliono studiare in italiano? Tutti questi ragazzi sono esclusi, costretti a studiare in una lingua che non è la loro magari fin dalla laurea triennale, privati del diritto di acquisire conoscenza nella loro lingua nel loro paese, costretti a spostarsi di città per trovare una laurea in italiano, sostenendo dei costi extra derivanti dalle spese di vitto e alloggio, oppure a pagare più tasse universitarie rispetto a chi studia in inglese. Insomma, si tratta di una politica linguistica che genera anche un’ingiustizia sociale.

* Ricercatore assistente in analisi e valutazione delle politiche linguistiche all’Università di Ginevra.


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