È notizia diffusa che i massimi vertici degli stati europei e diversi dirigenti di azienda sarebbero stati sistematicamente intercettati dalla National Security Agency statunitense con la collaborazione dei servizi segreti britannici. Un programma di sicurezza che avrebbe dovuto limitare i rischi legati al terrorismo internazionale sarebbe invece stato usato impropriamente per spionaggio politico e industriale a danno degli alleati europei, come diversi anni fa con il caso Echelon.
La questione della giustizia linguistica emerge nuovamente come problematica cruciale in un ambiente internazionale in cui l’accesso all’informazione diviene sempre più un fattore strategico di rischio e di successo. L’egemonia linguistica di una lingua sulle altre in un contesto internazionale distorce la concorrenza fra sistemi economici e politici e genera un iniquo privilegio se la lingua egemone è la lingua materna di alcuni popoli. I politici europei, per esempio, nel momento in cui si incontrano per discutere questioni strategiche e usano la lingua egemone per comunicare fra loro diventano più facilmente preda di intercettazioni. È lo stesso vale per lo scambio di corrispondenza scritta.
L’Associazione Nitobe condanna l’iniquità del “fattore lingua” nella politica internazionale e auspica una politica europea in tal senso che sappia ripristinare l’equità nella comunicazione transnazionale. La promozione, in determinati ambiti, di una lingua neutrale di comunicazione internazionale va in tal senso.